Lo scorso marzo, incontrando i membri della congregazione di San Giuseppe, Francesco ha elogiato la figura di san Leonardo Murialdo e dei non pochi santi originari del Piemonte. Il Papa, a braccio, ha detto: "A me fa pensare tanto questo tempo, lì, nel 'fuoco', diciamo così, nel centro della massoneria, a Torino, nel Piemonte, tanti santi, tanti! E dobbiamo studiare perché, perché in quel momento. E proprio nel centro della massoneria e dei mangiapreti i santi, e tanti, non uno, tanti".
In effetti, proprio nella regione settentrionale ebbe luogo la ricostituzione della massoneria quando, a seguito della Restaurazione post-napoleonica, le logge massoniche erano state bandite in tutti gli Stati preunitari.
Nell'udienza ai murialdini, Bergoglio dimostrò una buona conoscenza della storia d'Italia legata probabilmente alle sue stesse origini familiari. Prima di arrivare in Argentina, infatti, i nonni e il padre del Papa erano cresciuti nella provincia astigiana. Ma le parole del Papa hanno contribuito a riportare sotto i riflettori un argomento di cui si parla poco ma che suscita sempre grande interesse: il rapporto tra Chiesa e massoneria.
Scomunica o no?
Nel codice di diritto canonico del 1983, promulgato da san Giovanni Paolo II, per la prima volta non si parlava di scomunica per i massoni. Questa novità fu all'origine di una serie di speculazioni e venne interpretata da più di qualcuno come un via libera all'appartenenza dei fedeli alle logge.
In realtà, proprio per mettere a tacere quelle voci, il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, l'allora cardinale Joseph Ratzinger, intervenne con una dichiarazione il 26 novembre del 1983 approvata da Wojtyla nella quale sosteneva che "rimane (...) immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l'iscrizione a esse rimane proibita". Il testo non parlò di scomunica ma aggiunse che i fedeli iscritti alle logge "sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione".
I Papi e la massoneria
Quello scritto da Ratzinger e approvato da Karol Wojtyla è solo l'ultimo pronunciamento della Chiesa sulla massoneria. Nel corso dei secoli ce ne sono stati circa seicento. Il primo è successivo di soli pochi anni alla fondazione della massoneria moderna, che avviene in Inghilterra nel 1717. Nel 1738, papa Clemente XII pubblicò la prima condanna esplicita della massoneria prevedendo la scomunica per chi ne avesse fatto parte, con la bolla In eminenti. Nonostante ciò, e nonostante il conseguente intervento dell'Inquisizione, la diffusione delle logge massoniche non si arrestò e nella penisola italiana riguardò soprattutto la Toscana, Napoli e il Piemonte.
La scelta del predecessore di non intervenire in modo netto contro lo sviluppo della massoneria costò a Benedetto XIV l'accusa di essere lui stesso un massone. Per reazione, papa Lambertini rinnovò la scomunica con la bolla Providas Romanorum il 18 marzo 1751. Quest'ultimo è un caso simile a quanto accaduto più recentemente con l'introduzione del nuovo codice di diritto canonico. All'epoca sorsero voci, infatti, sul fatto che la scomunica era decaduta perché Benedetto XIV non aveva confermato la bolla del predecessore. Queste voci portarono nel caso di Lambertini così come nel caso della dichiarazione di Ratzinger a ribadire la posizione della Chiesa.
Sui documenti papali relativi alla posizione della Chiesa sulla massoneria qualche anno fa è stato pubblicato un volume che contiene una ricostruzione storica che va da Clemente XII al pontificato di Giovanni Paolo II: I papi e la massoneria di Angela Pellicciari. Di recente è uscita una nuova edizione del libro - sempre edita dalla casa editrice cattolica Ares * nella quale vengono analizzate le ragioni storiche delle encicliche anti-massoniche e più in generale dell'incompatibilità tra Chiesa e logge.
Il ruolo dei gesuiti
Nel libro, il capitolo dedicato a Clemente XIII e Clemente XIV, che sedettero sul trono di Pietro nella seconda metà del Settecento, risulta particolarmente interessante. Questo perché i due papi non presero provvedimenti sulla massoneria ma furono protagonisti - su fronti opposti - degli eventi che portarono alla soppressione della Compagnia di Gesù. "Non c’è dubbio che i gesuiti del Settecento e dell’Ottocento siano avversari irriducibili della libera-muratoria", scrive Pellicciari.
Secondo la versione dell'autrice, già nel corso del pontificato di Clemente XIII furono forti le pressioni dei sovrani illuminati d'Europa (con corti penetrate dai fratelli muratori). Ma il Papa, cresciuto dai gesuiti, resistette, al contrario del suo successore che optò per l'abolizione per l'ordine. A confermare l'ostilità della massoneria per la Compagnia di Gesù ci sarebbe, come spiegato nel libro di Pellicciari, il rituale di iniziazione al 33esimo grado di rito scozzese antico e accettato nel quale si invoca "luce contro la nera milizia di Ignazio da Loyola".
Perchè incompatibili?
Ma quali sono le ragioni di questo giudizio negativo della Chiesa nei confronti nella massoneria? Le motivazioni sono principalmente dottrinali, perché il massone nega la possibilità della conoscenza oggettiva della verità, relativizzandola. Tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 del Novecento la Conferenza Episcopale Tedesca istituì una commissione ad hoc che alla fine del lavoro redasse le motivazioni di questa incompatibilità. Vi si legge: "Poiché il libero massone rifiuta ogni fede nei dogmi, egli non ammette alcun dogma anche nella sua Loggia. Un tale concetto di verità non è compatibile con il concetto cattolico di verità, né dal punto di vista della teologia naturale, né da quello della teologia della rivelazione".
Questa posizione non è cambiata. Padre Zbigniew Suchecki, docente nella Pontificia Facoltà di S. Bonaventura–Seraphicum ed esperto dell'argomento, ha spiegato a La Nuova Bussola Quotidiana che nel programma Tesi per l’anno 2000 pubblicato ad inizio del nuovo millennio, la Libera Muratoria continua a negare "il valore della verità rivelata, e con questo indifferentismo viene esclusa fin dall’inizio una religione rivelata".
Scambio di attenzioni
Due episodi recenti segnalano come ci sia un cambio di clima, soprattutto da parte di alcune personalità. Nel 2019 l'allora arcivescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro monsignor Riccardo Fontana si recò a un convegno per i 150 anni della loggia Benedetto Cairoli organizzato dal Grande Oriente d'Italia e parlò di "valori condivisi", beccandosi il rimprovero della Cei, che lasciò trapelare "stupore e sconcerto".
Lo scorso ottobre, invece, il vescovo di Terni monsignor Francesco Antonio Soddu ha presenziato all'inaugurazione della casa massonica cittadina. Queste iniziative di singoli presuli non hanno cambiato l'atteggiamento della stessa Conferenza episcopale italiana.
Nel 2018, l'allora segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino - attuale presidente dell'Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica - e che è stato a lungo considerato il volto del nuovo corso bergogliano nell'episcopato italiano, ha affermato che "preti e vescovi se massoni sono già fuori dalla Chiesa" ribadendo che "nei confronti della massoneria la Chiesa ha tenuto, da sempre e con chiarezza, lo stesso atteggiamento: tutto ciò che da singoli o gruppi attenta al bene comune a vantaggio di pochi non può essere accettato".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.