Parolin "blinda" il dopo Bergoglio: "Non ci sarà un'inversione di marcia"

Il cardinale segretario di Stato, considerato un papabile al prossimo conclave, esclude che le riforme di Francesco possano essere modificate

Parolin "blinda" il dopo Bergoglio: "Non ci sarà un'inversione di marcia"
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Dopo Francesco? Francesco. Nel futuro della Chiesa non si volterà pagina dopo l'incisivo pontificato bergogliano. A dirlo è stato mercoledì scorso il cardinale Pietro Parolin intervenendo alla presentazione del libro del vaticanista Rai Ignazio Ingrao dal titolo "Cinque domande che agitano la Chiesa" (edizioni San Paolo). Il segretario di Stato ha detto che alle domande dell'opera "se ne aggiunge una che suona per alcuni come minaccia per altri come illusione: c'è il rischio di un'inversione di marcia?". Lui stesso ha azzardato subito dopo la risposta: "proprio perchè è azione dello Spirito non ci potrà essere una inversione di marcia".

Il papabile

Il cardinale Parolin è un diplomatico abituato a dosare le parole e negli undici anni di pontificato bergogliano si è abituato a cavarsela con destrezza di fronte alle polemiche scatenate dalle dichiarazioni più ecclatanti del suo superiore. Tra Francesco ed il suo segretario di Stato non è scoccata la scintilla ma si è stabilito un rapporto di fiducia e collaborazione in grado di mantenersi nel corso di più di un decennio. Non era scontato, considerata la tendenza del Papa a cambiare i suoi "preferiti". Non facendo parte di alcun cerchio magico, il porporato veneto è riuscito a mantenere il suo ruolo in Terza Loggia ed il suo peso in Curia senza troppi scossoni. La mancata immedesimazione di Parolin con il pontificato di cui è stato il principale servitore viene considerata da molti osservatori delle cose vaticane come una freccia al suo arco in un futuro conclave. Anche per questo motivo il prelato veneto viene ritenuto un "papabile" in tutti gli inevitabili pronostici che circolano per il post-Francesco.

L'ottica conclave

La storia dei conclavi insegna che la composizione del collegio non dà garanzie su una successione all'insegna della continuità: Roberto De Mattei nel suo recente "Merry del Val. Il cardinale che servì quattro Papi" (Sugarco Edizioni) ha ricostruito, ad esempio, come nel 1914 i cardinali in buona parte creati dal conservatore Pio X elessero al soglio Giacomo Della Chiesa, fedelissimo del grande sconfitto del precedente conclave Mariano Rampolla del Tindaro. Dopo un pontificato particolarmente segnante come fu quello di Pio X e come sarà quello di Francesco, il collegio ha spesso voltato pagina. Per Parolin, però, che si è contraddistinto proprio per la sua equidistanza in questi anni, non sarà così. "Non ci potrà essere una inversione di marcia" è un'affermazione netta, lontana dal linguaggio curiale e anche da quello diplomatico che il segretario di Stato maneggia bene. Così come poco diplomatica è la premessa, quando ha detto che quest'inversione di marcia rispetto alle riforme bergogliane appare una "minaccia" per alcuni e un'"illusione" per altri. Il segretario di Stato sembra rassicurare i primi e dare un avvertimento ai secondi. Chi si identifica con la linea aperturista dell'attuale pontificato, in effetti, rappresenta la maggioranza all'interno dell'attuale collegio sebbene i cardinali elettori scontenti non siano solamente collocati tra i "sopravvissuti" della stagione woytilyan-ratzingeriana. Nella presentazione del libro di Ingrao, Parolin non parlava certamente in funzione di una sua elezione ma non è da escludere che le sue parole possano essere lette anche in ottica conclave dai cardinali elettori. Nonostante sia considerato un "centrista", la candidatura del segretario di Stato non è in cima ai desideri dei porporati più a disagio nell'attuale pontificato, nemmeno come "male minore". La dichiarazione sulla mancata inversione di marcia, dunque, non gli aliena il loro favore.

Mentre, al contrario, al momento decisivo potrebbe convincere i cardinali più nostalgici di Francesco che proprio il suo segretario di Stato sia il più adatto a succedergli, senza traumi, per non disperdere l'eredità di un pontificato destinato ad innescare processi irreversibili all'interno della Chiesa.

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