Un cardinale per quattro pontefici

Rafael Merry Del Val è stato una figura chiave della diplomazia fra Otto e Novecento

Un cardinale per quattro pontefici

Il 3 ottobre 1926 giunse ad Assisi una delegazione papale per prendere parte alle celebrazioni del VII centenario francescano. La guidava il segretario del Sant'Uffizio, il cardinale Rafael Merry del Val. L'ingresso nella cittadina umbra fu salutato da ventun salve di cannoni. Il ministro della Pubblica istruzione, lo storico Pietro Fedele, andò incontro al prelato, baciò l'anello e, con voce commossa, portò l'omaggio del governo, del Re e di Mussolini. Il giorno successivo, congedandosi, i due si scambiarono ancora parole cordiali. In particolare il cardinale elogiò il capo del Governo che con «chiara visione della realtà delle cose» aveva voluto che la religione fosse «rispettata, onorata, praticata» e che aveva «sapientemente rialzato le sorti della Nazione accrescendole prestigio in tutto il mondo».

Era la prima volta, dal 1870, dall'anno cioè della presa di Roma, che un ministro del Regno d'Italia e un rappresentante del Papa si incontravano in una manifestazione ufficiale scambiandosi ringraziamenti e auguri di pace. Quel fatto, di elevato valore simbolico, prefigurava quanto, di lì a tre anni, nel 1929, sarebbe avvenuto: la firma dei Patti Lateranensi. A proposito di questi, peraltro, Merry del Val, non fece poi mistero della sua insoddisfazione per il modo col quale erano state condotte le trattative. Ha raccontato Cesare Maria De Vecchi, quadrumviro della marcia su Roma e primo ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede, che in occasione di un discorso all'Università Cattolica del Sacro Cuore nel quale Pio XI aveva detto, celiando, che per giungere alla Conciliazione «ci voleva proprio un papa alpinista» e «abituato ad affrontare le ascensioni più ardite» il cardinale se ne uscì con una battuta salace: «Si vede che il Concordato è stato fatto da un alpinista. Giustissimo, è un Concordato fatto con i piedi».

A quell'epoca il porporato sul quale è appena stata pubblicata una bella e solida biografia di Roberto de Mattei, Merry del Val. Il cardinale che servì quattro Papi (SugarCo, pagg. 460, euro 28,80) era una delle figure più autorevoli del Vaticano, tanto che nei conclavi del 1914 e del 1922 aveva sfiorato l'elezione a Pontefice. Nato nel 1865 a Londra dove il padre lavorava come diplomatico presso l'ambasciata di Spagna, Merry del Val, rampollo di nobile e illustre famiglia, una volta completati gli studi e scelta la via del sacerdozio, si trovò a servire, nel corso di quasi mezzo secolo e in posizioni di assoluto rilievo, ben quattro pontefici: Leone XIII, Pio X, Benedetto XV e Pio XI: nominato cardinale e segretario di Stato a soli 38 anni da Pio X, fu segretario del Sant'Uffizio durante i pontificati successivi.

Negli anni del pontificato di Papa Sarto, coincidenti grosso modo con quelli dell'età giolittiana, fu impegnato nella battaglia contro il modernismo che vide la condanna di teologi come Alfred Loisy e George Tyrrell e assistette ai tentativi di organizzazione politica dei cattolici italiani. De Mattei ricorda che la formula «cattolici deputati ma non deputati cattolici» fu coniata proprio da Merry Del Val. Essa esprimeva ostilità all'idea della nascita di un partito cattolico e la preferenza invece per un'alleanza fra cattolici e liberal-conservatori al fine di battere la sinistra socialista e anticlericale. Non a caso, con il «Patto Gentiloni» i liberal-conservatori ottennero nelle elezioni del 1913, grazie al sostegno dei cattolici, il 51% dei voti.

Dopo la morte di Pio X, all'indomani dello scoppio della Prima guerra mondiale, al soglio pontificio salì Benedetto XV che scelse come segretario di Stato il cardinale Pietro Gasparri affidando a Merry del Val la gestione del Sant'Uffizio. De Mattei sottolinea la rivalità fra Gasparri e Merry del Val, esplosa in maniera eclatante durante il conclave succeduto alla morte di Benedetto XV. In quella sede ci fu uno scontro durissimo fra lo schieramento guidato da Gasparri che intendeva portare avanti la linea «politica» di Leone XIII e di Benedetto XV e quello capeggiato da Merry del Val che rifaceva alla visione religiosa e teologica di Pio X. Alla fine si giunse, come soluzione di compromesso, alla elezione di Achille Ratti che assunse il nome di Pio XI, del quale De Mattei riporta il gustoso ritratto di un diplomatico inglese: «Basta sostituire lo zucchetto e la veste bianca con il tocco e la toga del laureato in lettere ed ecco di fronte a voi il preside dei racconti scolastici vittoriani».

Convinto e irriducibile «antimodernista», Merry del Val, come Segretario del Sant'Uffizio, sostenne la necessità della scomunica di Ernesto Buonaiuti, storico illustre del Cristianesimo ed esponente di spicco del modernismo, contro Gasparri il quale pensava, invece, di «recuperarlo». Fu lui, Merry del Val, a promuovere una inchiesta chiarificatrice nel caso del frate «stigmatizzato» Padre Pio da Pietrelcina per fugare dubbi e perplessità, ma soprattutto fu ancora lui a portare avanti indagini e inchieste riservate che svelarono gravi scandali e intrighi nei quali furono coinvolti alti prelati. E fu sempre lui a far inserire nell'Indice dei Libri Proibiti le opere di Gabriele d'Annunzio e di Guido da Verona.

Il rapporto con Pio XI, il Papa della Conciliazione, fu nel complesso molto buono. E ciò anche se ci fu un caso, quello relativo all'Action Française, che vide i due schierati su fronti contrapposti. Il Pontefice, nel quadro della politica di avvicinamento alla Terza Repubblica francese, aveva ritenuto opportuno condannare pubblicamente condanna poi, peraltro, annullata da Pio XII il movimento monarchico e nazionalista francese e le opere del suo più significativo esponente, Charles Maurras. Merry del Val ebbe col Papa un colloquio tempestoso che però a riprova della considerazione nella quale era tenuto non gli costò il cappello cardinalizio come sarebbe accaduto invece al cardinale francese Louis Billot, il quale, convocato in Vaticano, uscì dall'udienza senza zucchetto, anello e croce pettorale e trascorse gli ultimi anni come semplice sacerdote gesuita.

Il saggio di Roberto de Mattei, equilibrato, approfondito e rigoroso, si fonda su una attenta consultazione di archivi pubblici e privati: è il primo lavoro scientifico e di ampio respiro dedicato a Merry del Val, uomo di Chiesa, politico e diplomatico di primo piano.

Un lavoro importante e obiettivo che non esita a trattare, pur con la dovuta delicatezza, temi spinosi come gli scandali in Vaticano e lo stesso «mistero» della improvvisa morte del cardinale. Un lavoro, insomma, che alla serietà della ricerca unisce il pregio di una gradevole leggibilità. E riempie un inspiegabile vuoto storiografico.

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