Solamente tre settimane fa era tornato al centro, ancora una volta, del dibattito pubblico confermando, in un'intervista sul CorSera a Francesco Verderami, che nel 1994 l'allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro chiese il suo aiuto per cadere il primo governo di Silvio Berlusconi. Il cardinale Camillo Ruini, 93 anni a febbraio e in questo momento ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma in terapia intensiva per un infarto, non ha messo di essere un protagonista della scena pubblica italiana sebbene sia in pensione ormai da 17 anni. Nel 2007, infatti, si concluse la sua lunga presidenza della Conferenza Episcopale Italiana iniziata nel 1991.
La stima di Giovanni Paolo II
Nato a Sassuolo nel 1931, Ruini fu consacrato sacerdote nel 1954 e divenne vescovo ausiliare di Reggio Emilia-Guastalla nel 1983. Gli anni Ottanta, con il pontificato di Giovanni Paolo II, sono quelli dell'ascesa del religioso emiliano. La svolta avviene nel 1985 al Convegno ecclesiale di Loreto grazie al suo ruolo di vicepresidente del Comitato Preparatorio. Quell'evento segnò l'inizio di una stagione lunga quasi un trentennio nella Chiesa italiana, contrassegnata dalla sintonia con la linea wojtyliana-ratzingeriana. L'anno successivo Ruini diventò segretario generale della Cei. Nel 1991, alle dimissioni del cardinale Ugo Poletti, Ruini lo sostituì sia come Vicario di Roma che come presidente dei vescovi italiani. Quello è anche l'anno della creazione come cardinale nel concistoro del 18 giugno. Il rapporto tra Giovanni Paolo II e il suo Vicario fu sempre solidissimo, tanto che quando il Papa polacco morì fu poi il porporato emiliano a fare il promotore del processo di beatificazione. Di Wojtyła apprezzò soprattutto la difesa della vita e della famiglia, ma anche - come ricordò in un'intervista del 2011 - il coraggio di "prendere posizioni difficili e 'scomode' per timore delle reazioni delle autorita' ostili alla Chiesa, negli anni del suo ministero in Polonia, o dell'incomprensione e dell'ostilita' dell'opinione pubblica predominante, negli anni del Pontificato".
Ruinismo
Nel vocabolario Treccani, tra i neologismi, compare il termine "ruinismo". Questo dà l'idea del peso che Ruini ha avuto nella vita pubblica del Paese: per "ruinismo", infatti, è da intendersi la sua visione ed azione "politica" negli anni della presidenza Cei, rinnovata per tre volte. Senza paura di ricevere accuse di ingerenze, Ruini capì l'importanza di una Chiesa in dialogo con la politica. Inoltre, il cardinale fu il primo prelato di peso a prendere atto della fine della Prima Repubblica: per questo, nel nuovo sistema bipolare, anzichè rincorrere la ricostituzione di un partito unico dei cattolici preferì la strategia dell'inserimento di cattolici nei due schieramenti. "Ruinismo", però, richiama anche al rapporto privilegiato del vertice Cei con il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi. In effetti, alla morte del Cavaliere, Ruini ammise: "sono stato uno dei suoi amici". Sempre in quella circostanza riconobbe che Berlusconi "ha meriti storici per l'Italia, soprattutto avendo impedito al partito ex comunista di andare al potere nel 1994, e anche per l'instaurazione del bipolarismo in Italia. Inoltre ha operato molto bene in politica estera". L'anticomunismo del cardinale lo portò a rompere con Romano Prodi divenuto leader del centrosinistra nonostante avesse celebrato il suo matrimonio con Flavia Franzoni.
La "vittoria" al referendum
L'abilità politica dell'allora presidente Cei emerse nel 2005 per il referendum sulla legge sulla fecondazione assistita proposto dai Radicali La netta indicazione di Ruini per l'astensione fu respinta dall'allora premier Romando Prodi che si definì "un cattolico adulto" dicendo che sarebbe andato a votare.
I referendum non raggiunsero il quorum e solo il 25,9% degli italiani andarono a votare il 12 e 13 giugno 2005. Un risultato raggiunto grazie anche alla mobilitazione del mondo cattolico per l'astensione guidata proprio dal cardinal Ruini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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