Tra Zelensky e Putin: la "mission impossible" del cardinal Zuppi

Il Papa ha affidato al presidente della Cei la missione della Santa Sede per allentare le tensioni della guerra in Ucraina. Ecco i motivi della scelta

Tra Zelensky e Putin: la "mission impossible" del cardinal Zuppi

A parlare con Mosca per conto del Papa sarà un cardinale stacanovista. Lui è Matteo Maria Zuppi che oltre ad essere arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, sarà il titolare della missione della Santa Sede diretta ad allentare le tensioni nel conflitto in Ucraina. Una missione che si rivolge non solo a Kiev, ma anche a Mosca come ha confermato il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin dicendo che "Zuppi nella missione sarà interlocutore unico del presidente ucraino Zelensky e di quello russo Putin".

Un profilo di esperienza

La missione verrà condotta in accordo con la segreteria di Stato a cui fa capo la diplomazia pontificia, ma il cardinale romano non è un parvenu nel campo delle relazioni internazionali. Don Matteo era un giovane prete di 35 anni quando fu scelto tra i mediatori per negoziare la fine della guerra civile scoppiata in Mozambico nel 1975 dopo l'indipendenza dal Portogallo. Il suo lavoro - insieme al fondatore della Comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi, il deputato socialista Mario Raffaelli, l'arcivescovo di Beira monsignor Jaime Gonçalves - portò alla firma degli accordi di pace del 1992 a Roma tra il governo mozambicano e i ribelli della resistenza nazionale.

Da allora, Zuppi ha continuato a darsi da fare nella mediazione sotto l'egida della cosiddetta Onu di Trastevere di cui è stato a lungo una sorta di "ministro degli esteri". Poi è stato il turno dell'Algeria e della firma della cosiddetta piattaforma di Roma con cui i rappresentanti dell'islamista Fis s'impegnarono al rispetto del principio dell'alternanza al potere insieme agli altri partiti laici e di sinistra. Nel 1997 ha partecipato alle trattative fra il governo del Burundi e il Cndd, il principale gruppo armato della popolazione hutu. Ma nel suo curriculum vitae c'è anche l'impegno per la risoluzione dei conflitti in Guatemala, Kosovo, Repubblica Democratica del Congo, Colombia.

Il metodo Zuppi

Una volta, ricordando l'esperienza in Mozambico, l'allora don Zuppi disse che in fase di trattativa per i leader "l'unica pressione loro imposta è etica: devono cercare la pace". Nonostante il bagaglio di esperienze maturato, l'attuale arcivescovo di Bologna l'impegno non concepisce la mediazione tra parti in conflitto come esercizio di un'arte diplomatica ma piuttosto come un'estensione dell'attenzione alla vita umana. Anche per questo, non c'è un copione di successo da riproporre in ogni caso: intervistato nel 2001 dal basco El Mundo, l'allora don Matteo sostenne che "per storia, cultura e radici, ogni situazione è molto diversa. Le esperienze da altre parti del mondo su come si risolvono i problemi possono essere utili, ma ogni situazione necessita di una soluzione originale, ne sono fermamente convinto".

La missione nel conflitto ucraino

Una convinzione di cui terrà conto nella delicata missione affidatagli dal Papa per allentare le tensioni del conflitto in Ucraina e magari preparare il terreno ad una futura pace. Il cardinale può vantare dalla sua il clima di grande rispetto per la spiritualità della Chiesa ortodossa russa che si è sempre respirato all'interno di Sant'Egidio.

Non bisogna dimenticare, ad esempio, che fu monsignor Vincenzo Paglia, predecessore di Zuppi come assistente ecclesiastico della Comunità, il principale artefice del conferimento della laurea honoris causa in scienze politiche all'allora metropolita Kirill nel 2002 all'università di Perugia. E questi rapporti tra Trastevere e Mosca sono rimasti negli anni come dimostra il dottorato honoris causa concesso nel 2012 dalla Scuola di dottorato e alti studi teologici della Chiesa Ortodossa russa al fondatore della Comunità, Andrea Riccardi che in quei giorni fu anche ricevuto dall'attuale patriarca Kirill. Dall'altro lato, si aggiunge l'importante contributo che Sant'Egidio ha fornito nell'emergenza umanitaria al popolo ucraino sin dall'inizio del conflitto.

Armi e dialogo

In più di un anno di guerra, Zuppi è intervenuto spesso ed ha sposato una linea che ora non gli pregiudica il dialogo sia con Putin che con Zelensky. Il cardinale ha sempre detto che la posizione della Chiesa deve essere "non neutrale", nel senso di una posizione a sostegno delle vittime. Ma è convinto che se al presidente russo bisogna chiedere di fermare l'escalation militare, al presidente ucraino si debba chiedere di prendere in considerazione le proposte di pace. Dialogo e non riarmo, questo è il bagaglio con cui probabilmente il cardinale si muoverà - si vedrà se di persona o no - in direzione Kiev e Mosca.

Intanto una timida apertura è arrivata dal Cremlino con il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov che ha detto di valutare positivamente la missione voluta dal Papa.

La scelta di nominare l'attuale presidente della Cei dà indirettamente lustro anche alla Chiesa italiana che non vive uno dei momenti migliori della sua storia ma può ora contare su un suo vescovo - nonché presidente dei vescovi - protagonista nella questione internazionale più importante. Non sarà un compito facile per Zuppi, ma in Vaticano (e non solo) è piuttosto diffusa l'idea che sia proprio lui uno dei pochi in grado di condurlo con qualche speranza di successo.

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