Dopo Venezia, con i suoi barboni sotto il mare Rosi conquista anche Bellaria

Il documentario «Below sea level» di Granfranco Rosi ha vinto il Bellaria Film Festival. Premiato già alla Mostra del cinema dell'anno scorso, il lavoro racconta la vita di una piccola comunità di senza tetto americani all'interno di una base sottomarina dismessa

La ventisettesima edizione del Bellaria Film Festival ha assegnato il premio Vela d'Oro per i documentari inediti a «Molto visibile segretamente nascosto» di Donatella Di Cicco. Del film è stata elogiata «l'intelligenza della costruzione» nel gioco di «vite lontane e fantasmi familiari». Il secondo premio (Vela d'Argento) è andato a «Padre nostro» di Carlo Lo Giudice, che affronta «un grande rapporto d'amore padre-figlio». La giuria presieduta da Giuseppe Bertolucci ha voluto tra l'altro segnalare «la rilevanza politica» del film-documentario «211 Anna» di Giovanna Massimetti e Paolo Serbandini sulla vicenda umana, professionale e politica della giornalista Anna Politkovskaya, uccisa in Russia. Il documentario si è aggiudicato anche una menzione speciale del Premio Ucca e il premio attribuito da Current Tv. Il Premio CortoDoc, assegnato dalla giuria di «Film Tv» (presidente Andrea Fornasiero), è andato a «Un mondo difficile» di Vincenzo Frenda, che parla dei writer con «spontaneità e senza paternalismo».
«Below sea level» di Gianfranco Rosi (solo omonimo del pugile) ha vinto all'unanimità al Festival di Bellaria il prestigioso Premio Casa Rossa doc, che premia il miglior documentario italiano dell'anno. Questo riconoscimento giunge dopo quelli che Rosi ha raccolto all'ultimo Festival di Venezia (Premio Orizzonti Doc, Premio Doc it, Premio Lancia World), a «Per il Cinema Italiano N.0» (Premio Miglior Documentario) di Bari, a Parigi alla trentunesima edizione del Cinemà du reel (Grand Prix e Prix de Jeunes) e a Praga al «One World International Film Festival» (primo premio). «Below sea level» è ambientato in una terra di nessuno, a 40 metri sotto il livello del mare, in una base militare dismessa a 250 km a Sud Est di Los Angeles, in un vasto deserto, dove vive un gruppo di persone ai confini del mondo, senza elettricità, senza acqua, senza polizia, senza governo. Sembrano degli homeless, ma non hanno nulla a che vedere con i barboni. La loro vita scorre in una situazione estrema e tuttavia riproduce la normalità. Cucinano, leggono, fanno l'amore, curano il loro aspetto, cercano lavoro, fanno musica, coltivano ancora sogni. Non hanno rifiutato la società, le convenzioni, la normalità, ma ciascuno di loro, per circostanze diverse, se ne è trovato «fuori». Sono la nuova povertà. Come spiega il regista Gianfranco Rosi, «in questo vasto deserto si depositano e conservano tutti i detriti - fisici e mentali - dei nostri tempi, mantenuti intatti dall'aria arida del deserto. Chi arriva in questo non luogo, viene cancellato dalla società, come un rifiuto non smaltibile».

«Chi arriva qui - commenta lo stesso Rosi - sotto il livello del mare, ha toccato il fondo del proprio dolore e oltre non può più sprofondare. Eppure solo qui sembra affiorare il futuro di ognuno di loro. Un paesaggio apocalittico, ma anche la propria casa».

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