Cappelletti in brodo: il piatto di Natale della tradizione emiliana

La storia, la leggenda e le tantissime varianti dei cappelletti in brodo: un piatto antico e tipico del Natale in Emilia Romagna, un tempo riservato alla nobiltà e oggi sempre più apprezzato

Cappelletti in brodo: il piatto di Natale della tradizione emiliana

Caldi e simbolo di un gusto antico: sono i cappelletti in brodo, un piatto tipico di Natale che fa parte della storia emiliana, una tradizione che nel tempo si è diffusa in tutta l’Emilia Romagna e, poi, anche altrove. I cappelletti in brodo rappresentano un’usanza affascinante: venivano preparati un tempo dalla donna che reggeva la casa e la famiglia, come metafora dell’affetto che provava per i suoi cari.

Attenzione, però, a non confonderli con i tortellini: hanno una forma diversa, un ripieno differente e vengono conditi in modo altrettanto diverso. I tortellini sono arrotolati su un mignolo, mentre i cappelletti sono semplicemente chiusi alle estremità. I tortellini presentano poi un ripieno di carne, mentre i cappelletti possono includere ripieni più variegati in base alla località e alla modalità di preparazione, casalinga o artigianale. Infine, i tortellini vengono consumati in brodo, con la panna o con una crema al Parmigiano Reggiano, mentre i cappelletti possono essere anche conditi con il ragù alla bolognese.

Che cosa sono i cappelletti in brodo

Tortellini

Fondamentalmente, i cappelletti sono della pasta all’uovo ripiena. Si stende una sfoglia da un impasto che prevede un uovo ogni 100 grammi di farina: la sfoglia viene poi tagliata, riempita e sigillata, affinché il ripieno non fuoriesca durante la cottura. Il nodo del ripieno non è di secondaria importanza. Può essere a base di carne (maiale, vitello, manzo, guanciale, cotechino o pollo), ma anche di Parmigiano e ricotta o, ancora, polpa di zucca. Il nome viene dal fatto che questa pasta assomiglia a dei piccoli cappelli.

La tradizione dei cappelletti in brodo

Cappelletti

La prima attestazione scritta relativa ai cappelletti in brodo risale al XIII secolo: ne parlò fra’ Salimbene da Parma. Ma bisogna attendere il XVI secolo prima della diffusione massiccia della ricetta alla corte estense, grazie a due cuochi Cristoforo di Messisbugo e Bartolomeo Scappi, che la perfezionarono.

I cappelletti in brodo piacquero soprattutto a sacerdoti e frati, mentre nelle famiglie laiche venivano visti come piatto prelibato, raffinato e nobile. Da qui la scelta di prepararli a Natale, ovvero nei giorni di festa.

La diffusione della preparazione diede vita a molteplici possibilità di ripieno. Queste vennero ideate in base al substrato culturale e gastronomico della zona specifica dell’Emilia Romagna in cui i cappelletti venivano preparati, ma anche alle specificità del territorio in relazione ai prodotti tipici di ogni città. Tanto che nel XX secolo furono infatti indicate 7 ricette con ripieni differenti da Giovanni Manzoni, mentre Pellegrino Artusi ampliò gli orizzonti con i ripieni a base di ricotta, petto di cappone e lombata di maiale.

La leggenda dei cappelletti in brodo

Cappelletti

Esiste una leggenda sulla creazione dei cappelletti in brodo. Si tratta di un mito che ripercorre il topos tutto italico e antico della bellezza femminile da osservare da lontano, letteralmente dal buco della serratura. Stando al mito, agli albori del XVI secolo, Lucrezia Borgia si fermò a riposarsi in una locanda di Castelfranco Emilia. L’oste del luogo fu soggiogato dalla bellezza della donna e cercò di spiarla mentre era nella camera affittata nella locanda.

Ma dal buco della serratura riuscì a vedere solo il suo ombelico: tanto bastò a ispirarlo nel creare una pasta ripiena che ne riproducesse le forme, i cappelletti appunto.

La foto dei cappelletti in brodo è di Lungoleno, via Wikipedia

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