Venezia. Tutto è bene quel che finisce bene. Premiati Netflix, il cinema italiano (finalmente!), quello diretto da donne e quello più cinefilo proveniente dall'estremo oriente. La Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia si chiude con un verdetto della giuria che mette d'accordo tutti, o quasi ovviamente, e che, soprattutto, dà conto della grande varietà e qualità della proposta di questa edizione numero 78 firmata ancora una volta dal più longevo direttore della storia del festival, iniziata nel 1932, Alberto Barbera. Il Leone d'Oro, nella serata di premiazione condotta con passione da Serena Rossi, è andato a una delle storie che più hanno colpito al Lido, L'événement (titolo italiano Happening - 12 settimane) della regista francese Audrey Diwan dal romanzo autobiografico di Annie Ernaux, racconto della volontà, di una studentessa universitaria, di abortire nella Francia del 1963 che lo vietava, tra tentativi amatoriali e mammane: «È stato difficile realizzare un film su questo argomento - ha detto la regista prima di chiamare sul palco la bravissima attrice protagonista Anamaria Vartolomei - ma ho voluto rappresentare questo viaggio proprio nella pelle di questa ragazza, noi non la guardiamo ma siamo proprio lei».
Il Leone d'Argento - Gran Premio della Giuria è andato a È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, il film più amato dalla critica italiana e internazionale con la media più alta di stellette nel tradizionale daily di Ciak della Mostra. Sorrentino sul palco si è emozionato dopo aver ringraziato Maradona e il suo precedente produttore Nicola Giuliano prima di scherzare sul fatto che gli chiedono sempre: «Ma tu perché fai un altro film con Toni Servillo?». «Guardate dove sono arrivato facendo film con lui», la risposta. La giuria ha anche attribuito il Premio Marcello Mastroianni a un attore emergente al protagonista Filippo Scotti che interpreta autobiograficamente il regista stesso alle prese con la morte, da adolescente, di entrambi i genitori. Per far questo la giuria, presieduta da Bong Joon Ho -il regista coreano premio Oscar che ieri a Venezia ha incontrato Gianni Morandi interprete di In ginocchio da te contenuta nel suo Parasite - ha dovuto chiedere al direttore una deroga al regolamento che limita il numero di premi per uno stesso film.
È stata la mano di Dio, entrato di fatto già nella campagna per l'Oscar 2022, è prodotto da Lorenzo Mieli per The Apartment, società del gruppo britannico Freemantle, e lo si vedrà su Netflix il 15 dicembre dopo un'uscita nei cinema il 24 novembre. Naturalmente, per gli esercenti cinematografici, è questa una vittoria italiana di Pirro visti i rapporti molto freddi con il colosso dello streaming che fa a meno delle sale cinematografiche. In quest'ottica anche il secondo riconoscimento a Netflix, ricordiamo che, al contrario di Venezia, al festival di Cannes è piattaforma non grata, produrrà delle polemiche. Parliamo del Leone d'Argento per la migliore regia andato a The Power Of The Dog, un western psicologico senza pistole ambientato nel Montana del 1925, diretto da Jane Campion, che sarà sempre su Netflix dal 1 dicembre e in cinema selezionati a novembre.
Sempre al femminile il Premio per la migliore sceneggiatura a Maggie Gyllenhaal, l'attrice statunitense per la prima volta dietro la macchina da presa che vince facile con una storia che parla anche italiano, The Lost Daughter, tratta dal romanzo di Elena Ferrante La figlia oscura, «un libro - ha detto - che ha un potere ancestrale». Ha sbaragliato tutte le concorrenti Penélope Cruz che ha vinto una meritata Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile per Madres paralelas di Pedro Almodóvar. Ma l'attrice spagnola aveva convinto anche nell'altro film in concorso, Competencia official, in cui la sua performance è, per certi versi, speculare e quasi superiore. Totalmente a sorpresa invece la Coppa Volpi maschile andata a John Arcilla, cinquantacinquenne attore filippino che ha al suo attivo ben 86 ruoli tra cinema e tv, per il film On The Job: The Missing 8 di Erik Matti che ha stregato tutti i cinefili del Lido con i suoi esplosivi 208 minuti di durata tra cinema pop e politico.
Chiude il palmarès il Premio Speciale della giuria a Michelangelo Frammartino che nel suo Il buco,
prodotto anche da Rai Cinema, si immerge con la macchina da presa, letteralmente, nell'abisso del Bifurto in Calabria raccontando gli speleologi piemontesi che nel 1961 fecero l'impresa di toccarne il fondo: a -687 metri.
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