La «bestia bionda» suonava bene pianoforte e violino e a sei anni leggeva speditamente le note sullo spartito. Del resto il padre Bruno, compositore e cantante d'opera, lo voleva musicista. Così precisione e tempo furono le sue Muse, che tornarono utili quando egli pianificò, con rapidità ed efficienza, la «soluzione finale» alla Conferenza di Wannsee. Quella Shoah che Reinhard Tristan Eugen Heydrich (Halle, 7 marzo 1904 Praga, 4 giugno 1942), tra i più influenti gerarchi nazisti, quale direttore dell'Ufficio centrale di sicurezza del Terzo Reich e della Gestapo, organizzò nel 1942. Quattro mesi prima di saltare in aria, a bordo della sua Mercedes Benz 320 decapottabile, il 27 maggio 1942, per mano d'un commando cecoslovacco munito d'una granata inglese. Si trattava dell'«Operazione Anthropoid» firmata dall'intelligence alleata durante la Seconda guerra mondiale e che nella denominazione - in greco Anthropoid significa «dall'aspetto umano» - allude alla mancanza di umanità del «boia di Praga», manager della crudeltà pianificata a colpi di assassini di massa in Cecoslovacchia, della quale era temuto Reichsprotektor.
In realtà, l'architetto capo dell'Olocausto non morì in quell'attentato a nord-ovest di Praga: sia Heydrich, sia il suo autista in un primo tempo fecero fuoco contro gli ufficiali Jan Kubis e Jozef Gabcik, membri della resistenza cèca addestrati in Scozia dalla Raf. A Gabcik, tra l'altro, s'era inceppata la mitraglietta e Heydrich fu lesto a estrarre la pistola, mentre Kubis lanciava una bomba a mano sotto la Mercedes. Dopo il conflitto a fuoco, gli attentatori riuscirono a fuggire, mentre Heydrich venne ricoverato in ospedale: aveva perso molto sangue e la sua milza si era infettata, a contatto con l'imbottitura dell'auto in crine di cavallo. Il 4 giugno 1942, una setticemia pose fine alla crudele esistenza del «giovane Dio della morte», morto a 38 anni dopo che il Führer, impressionato dalla sua spietata condotta nel protettorato di Boemia e Moravia, controllato dal Terzo Reich fin dal 1938, l'ebbe soprannominato «L'uomo dal cuore di ferro».
Ed è questo il titolo del film d'azione del francese Cédric Jimenez, da noi il 24 gennaio con Videa, basato sul bestseller di Laurent Binet HHhH (Einaudi, 2011), vincitore del premio Goncourt opera prima nel 2010 e il cui titolo rappresenta l'acronimo d'una battuta che girava su Heydrich, all'epoca delle camicie brune: «Himmler's Hirn heisst Heydrich», cioè: «Il cervello di Himmler si chiama Heydrich». Laddove il gerarca Heinrich Himmler, tra i collaboratori del più carrierista delle SS, fu l'anima nera del genocidio degli ebrei. Un film insolito, con un cast di stelle: da Jason Clarke (visto in Zero Dark Thirty), che con la mascella mussoliniana incarna Heydrich a Rosamund Pike, nominata all'Oscar, qui come Lina von Osten, moglie del «boia di Praga»: tutt'altro che una massaia. E poi Jack o'Connell, nei panni di Jan Kubis e Mia Wasikowska, la sua ragazza.
Nella prima parte del film - pregevole anche per i suoi soli 120 minuti - si descrive l'ascesa del gerarca nazista, il cui attentato aprì una breccia nel sistema delle croci uncinate. Cacciato dalla Marina per scarso patriottismo, Heydrich resta affascinato da Hitler, finendo col riversare nel Partito nazionalsocialista ogni aspettativa di riscatto. Il film inizia con un flashback sul porto di Kiel, nel 1929, quando Heydrich va davanti alla corte marziale e viene cacciato dalla Marina militare. Non solo per scarso patriottismo, ma anche per la scandalosa relazione con l'aristocratica Lina, che sarà sua moglie.
Nella seconda parte si delinea la resistenza cecoslovacca, con Jan e Jozef paracadutati in Cecoslovacchia per portare a termine la missione «Anthropoid». Azione e suspense si mescolano in un prodotto europeo, girato in 35 mm, per ricordarci che anche i boia muoiono. Come Fritz Lang titolava, nel 1943, il suo capolavoro su Heydrich, scritto in America con Bertolt Brecht.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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