Wagner, da Bollywood alla scala con la Fura dels Baus

Un Tannheuser ispirato ai colori scintillanti del Rajastan andrà in scena da mercoledì al Teatro alla Scala di Milano

Un Wagner colorato in equilibrio tra musica, ballo e scenografie digitali. Paesaggi più vicini all'India del maestro Zubin Mehta che alla Germania medievale. Atmosfere avvolgenti e naturali, senza la pornografia e gli estremi che hanno reso famosi i lavori della "Fura Dels Baus". È un "Tannheuser" per tutti, senza scandali ed eccessi, che andrà in scena da mercoledì al Teatro alla Scala di Milano. La storia d'amore tragico tra il giovane cantore e la bella Elisabeth, che si snoda attraverso la sensualità di Venere e il senso religioso del peccato, approda ai colori scintillanti del Rajastan, di casa nel cinema di "Bollywood", che tanto hanno affascinato il regista dell'opera in scena a Milano, Carlus Padrissa, tra i fondatori della "Fura". «In India oggi ci sono ancora credenze dell'Europa dell'anno Mille - ha spiegato Padrissa - era il posto perfetto per portare il nostro "Tannhauser"». Sovrasta la scena una gigantesca mano meccanica, perchè il Monte di Venere cui approda il cantore innamorato è per Padrissa quel rigonfiamento che tutti hanno sul palmo della mano: un gigante meccanico a comandi computerizzati, fatto in polistirolo e alluminio per 11 metri di altezza e 1,3 tonnellate di peso. «La mano - spiega il regista - va variando il suo significato nel corso dello spettacolo: prima è la mano del destino, poi diventa la mano gentile di Elisabeth, il tempio in cui lei prega e infine si trasforma nella mano del Papa che non perdona».
Per quest'opera la 'Furà rinuncia a sesso e provocazioni: i nudi ci sono, ma sono trattati «con naturalezza» con brillantini ed espedienti grafici a coprire le parti intime, spiega Padrissa, che definisce il lavoro «una versione "light"». «Non c'era la necessità di cercare lo scandalo facile - dice - e l'erotismo si vede anche senza essere espliciti. Non vogliamo disturbare nessuno, è uno spettacolo per tutti in cui abbiamo cercato l'integrazione tra le arti». E proprio la musica del maestro Mehta, secondo il regista catalano, «dopo un mese di lavoro insieme si è trasformata in quell'ago e filo che cuciono insieme le diverse arti». Dopo la sua 'primà nel 1962, Zubin Mehta si dice «molto felice» di tornare a dirigere nel teatro scaligero un'orchestra «di altissimo livello», cui proporrà la versione del "Tannhauser" diretta a Monaco. «Grande equilibrio» unisce il maestro e il regista, che hanno lavorato e discusso «come amici».

In scena anche 27 danzatori-attori scelti a Milano attraverso un casting tra i 'fan' della compagnia di Padrissa. Le immagini video sono curate da Franc Aleu, i costumi da Chu Oroz e le scene sono di Roland Olbeter, tutti da tempo collaboratori della "Fura".

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