Walter davanti, Antonio di dietro

Questa campagna elettorale low profile sta diventando una fregatura. Facile invocarla oggi, dopo che al governo c’è stata la desolazione di Prodi, dopo che la Rai è stata occupata e non c’è più il regime solo perché c’è Travaglio, quello che parla da solo mentre critica il contraddittorio altrui. Abbiamo Walter davanti e Antonio di dietro, ossia una facciata di understatement e un retroscena manettaro. Abbiamo il buono che è contro le intercettazioni e il cattivo che le osanna, non abbiamo più per esempio un Antonio Polito (che non si ricandida per la presenza di Tonino, ha detto) e però abbiamo un’infornata di intellettuali dell’Italia dei valori: alcuni dei quali, secondo indiscrezioni, sanno anche parlare. Se volete capire lo schemino di Veltroni andatevi a vedere l’Unità che dirigeva lui: videocassette di Ejzenštejn e giustizialismo à gogo.

Mentre il pupazzone, Di Pietro, giustamente gongola: ha dato a bere che potrebbe attirare i voti dei grillini e dei girotondini, ha scritto nel suo programma che un parlamentare non deve candidarsi più di due volte e lui è alla quarta, ha tuonato raggiante che nel Pd «i condannati non saranno candidabili» ma per l’onorevole Enzo Carra, condannato grazie a lui, farà un’eccezione. Ma tutti buoni, low profile.

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