Yemen, il presidente Saleh ricompare in tivù e apre al dialogo con i ribelli

Dal rifugio in Arabia Saudita, il presidente al potere da 33 anni cerca una «soluzione concordata» con gli oppositori che avevano attaccato il palazzo presidenziale il 3 giugno scorso: «Benvenga l'opposizione, ma solo se c'è rispetto della Costituzione e delle leggi». Intanto nel sud del Paese scontri con Al Qaeda

Volto segnato da profonde ustioni, mani e braccia bendate, il capo coperto da un turbante. Il presidente yemenita Ali Abdullah Saleh è ricomparso in video per la prima volta dopo l'attacco al palazzo presidenziale del 3 giugno scorso, dopo aver subito ben otto interventi chirugici, come precisato dalla tv di Stato. E mentre ancora parlava dal suo rifugio in Arabia Saudita, l'euforia si è diffusa nel Paese: la gente è scesa per strada a festeggiare in diverse zone e la stessa tv ha trasmesso immagini di fuochi d'artificio.
In pochi minuti di discorso registrato, Saleh ha aperto al dialogo e si è detto favorevole a «una condivisione (del potere) in ambito costituzionale e su basi democratiche». Un appello a tutte le forze che vuole mostrare la disponibilità a venire incontro alle ragioni degli insorti, a condizione però che vengano rispettate «la Costituzione e le leggi dello Yemen».
«Ben venga la partecipazione dell'opposizione alla vita politica - ha detto -, ma la Costituzione va rispettata così come vanno rispettate le leggi dello Stato». Il presidente ha chiesto a «tutte le forze politiche del Paese di riconsiderare la propria posizione» e ha sottolineato che «il popolo yemenita resisterà di fronte a sfide con cui attualmente si trova a dover fare i conti». Saleh ha quindi ringraziato l'Arabia Saudita e, in particolare, re Abdallah per averlo accolto e provveduto a curarlo dopo l'attacco del 3 giugno.
In Yemen, ha detto ancora, ci sono «persone hanno interpretato male il concetto di democrazia, portando tensioni nel Paese e sabotando le forniture di petrolio e gas». L'apertura a una «soluzione concordata», ha aggiunto il presidente al potere da 33 anni, non deve però far credere a una debolezza del suo regime. Perché, ha concluso, «alle sfide si risponde con le sfide».
Nel sud del Paese, nel frattempo, continuano gli scontri tra le forze di sicurezza e i miliziani di al-Qaeda, che da settimane controllano alcune zone dello Yemen meridionale. Almeno dieci soldati sono morti in un'imboscata compiuta stamani dai terroristi di al-Qaeda contro un mezzo militare che viaggiava nei dintorni di Loder, roccaforte del gruppo nella regione.

A Zinjibar, invece, tre leader di al-Qaeda sono stati uccisi in scontri con le forze di sicurezza yemenite: si tratta di Shaif al-Jarbou Hijazi, Ali Mubarak Firas (ormai ex comandante di al-Qaeda nella provincia di Marib) e del saudita Walid Mushafi al-Asisri, ex numero uno delle operazioni militari della cellula di Abyen dell'organizzazione terroristica.

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