«Vogliamo un Veneto autonomo in un'Italia federale, in cui i popoli possano autodeterminare il proprio futuro». Luca Zaia, neo governatore del Veneto, s'è presentato così al Consiglio regionale di palazzo Ferro Fini a Venezia. Dall'apprezzato ex ministro dell'Agricoltura del governo Berlusconi IV non viene tuttavia la semplice riproposizione di uno slogan in linea con la tradizione leghista: dietro c'è la volontà concreta di stipulare «un patto di amicizia con lo Stato nazionale e con il governo del Paese», dal momento che in Italia «su appena tre regioni virtuose, grava per decine e decine di miliardi di euro il peso del mantenimento di tutte le altre», e che «la vita al nord costa il 20 per cento in più», perciò «per attenuare questa ingiustizia, continuo a sostenere la necessità dei contratti territoriali».
Il presidente veneto ha descritto all'assemblea il suo progetto di «federalismo a geometria variabile», permessa dall'articolo 116 della Costituzione, «rispettoso di chi ha le carte in regola per far da solo e realista nel consentire che chi non può farcela attinga ai fondi dello Stato». In questo disegno, ne è convinto Zaia, il Veneto diventerebbe una «regione differenziata», in cui cioè siano aboliti alcuni «pesanti controlli dello Stato».
Il governatore durante il suo discorso d'insediamento si è soffermato sulla necessità di attivare politiche di sviluppo e coesione, «prestando un occhio di riguardo alle molteplici specificità che caratterizzano il territorio: le aree montane, l'istituzione del Consiglio delle autonomie locali e la rivisitazione delle forme del patto di stabilità».
Spazio anche a questioni specifiche e delicate, come la riproposizione del nucleare lasciata in eredità dalla gestione Scajola al ministero dello Sviluppo economico. Sull'argomento Zaia taglia corto: «Non c'è alcuna candidatura del Veneto, al momento, per ospitare una centrale nucleare. È puro dilettò discutere di questo argomento». Il governatore, mister 80% di gradimento tra gli elettori della regione secondo un fresco sondaggio diffuso dal «Gazzettino», precisa: «Ho condiviso la scelta e i criteri del nucleare, ma in questo momento non esiste l'eventualità di ospitare centrali in Veneto». Anche perché «difficilmente, dalla mia esperienza, ci vedo uno spazio adatto all'insediamento di questo genere: sorvolando il nostro territorio dall'alto sembra Los Angeles - azzarda il paragone -, non so se al centro di Los Angeles qualcuno abbia mai pensato di metterci un impianto nucleare».
Accenno finale a un tema molto caro all'ex ministro, il «made in Italy», declinato stavolta alla realtà del Veneto: «Sono convinto che la sfida non sia quella di rincorrere i costi di produzione di paesi come l'India o come la Cina, i cui addetti vengono pagati anche due, tre dollari al giorno». Ecco allora la ricetta di Zaia: «Dobbiamo ripensare alla qualità di un made in Veneto al cento per cento, tale per cui il consumatore medio sappia riconoscere una calzatura prodotta a Bangkok da una scarpa pensata e messa sul mercato dagli stabilimenti di Montebelluna». Sempre in un'ottica internazionale, in un altro passaggio del suo intervento Zaia ha promesso il suo impegno per far sì che «il Veneto possa svolgere un ruolo da protagonista sullo scacchiere europeo - sebbene l'Unione europea faccia fatica a scaldare il cuore dei veneti, ha riconosciuto lo stesso Zaia, ndr - ad esempio mediante accordi con Stati esteri e mediante la sottoscrizione di intese con enti territoriali interni ad altri Stati».
Al termine della lunga relazione programmatica, sono seguiti gli interventi dei capigruppo consiliari.
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