Umbria, tra coop e politica strani intrecci d’affari

Il marito del governatore Maria Rita Lorenzetti è a capo di un’azienda socia di minoranza in un consorzio di cui fa parte anche il costruttore arrestato Leonardo Giombini

Pierangelo Maurizio

da Perugia

«Tutuuu... tutuuu... tutuuu». Niente da fare, il centralino della Cooperstudio resta muto. Dunque: Leonardo Giombini, in carcere a Perugia per evasione fiscale, associazione a delinquere e riciclaggio, in Umbria non ha solo costruito ipermercati e supermercati per le coop rosse, case, palazzi per la Regione. Ma anche diversi parcheggi in vari comuni. Uno di questi parking sta sorgendo a Foligno. Per realizzarlo è stata costituita una società, la Foligno Parcheggi srl, attiva dal luglio 2005. Tra i soci è presente la Giombini costruzioni Spa (con il 23 % del capitale). C’è la Spoletina trasporti spa, società mista pubblico-privata. E tra i soci, seppure con una partecipazione minima (l’1%), c’è anche la Cooperstudio, una cooperativa specializzata negli studi e nelle progettazioni. Il presidente della Cooperstudio è Domenico Pasquale, marito di Maria Rita Lorenzetti, governatore Ds dell’Umbria.
La cosa di per sé non vuol dire nulla, sia chiaro. Nella Foligno parcheggi ci sono altri imprenditori. L’architetto Domenico Pasquale è un professionista più che stimato, ha prestato la sua opera nella ricostruzione del dopo terremoto. Per quanti tentativi Il Giornale abbia fatto ieri per avere la sua versione, dal centralino della Cooperstudio non è arrivata risposta.
Altrove il caso non sarebbe un caso. Ma qui siamo in Umbria. Dove vige un sistema di potere «su cui nessuno può mettere bocca», come dice Gabriella Mecucci, fino a tre mesi fa direttore del Giornale dell'Umbria. Un sistema basato sulla contiguità tra amministrazioni di sinistra, coop, costruttori che fanno i soldi con le cooperative, ex amministratori pubblici del Pci-Pds-Ds che continuano a diventare manager di coop e così via. Ecco, dall’inchiesta di Perugia esce uno spaccato da manuale di questo universo. Prendiamo la Coop Centro Italia, presieduta da Giorgio Raggi e nata dalla fusione delle principali cooperative di consumo dell’Umbria e della Toscana.
Intermediazione del 13%.
Nel novembre 2004 la Giombini costruzioni Spa compra dalla Pirelli e rivende allo stesso prezzo - 6,5 milioni di euro - all’immobiliare Icc, controllata dalla Coop Centro Italia, il terreno di Collestrada. Perché la Coop non ha acquistato direttamente l’appezzamento dalla Pirelli, si sono chiesti i magistrati e la Guardia di Finanza?
I dubbi sono diventati ancora maggiori quando hanno scoperto che la Icc ha pagato a un’altra società di Giombini, la Sg capital, oltre a 680 mila euro per lo studio di fattibilità, altri 850 mila euro (un milione 20 mila con l’Iva) per l’intermediazione nella compravendita: cioè il 13% del prezzo del terreno quando, come hanno scritto il pm Claudio Cicchella e il gip Claudia Matteini, normalmente viene praticato il 2-3%. Per di più, secondo gli inquirenti, quella intermediazione non è mai avvenuta.
Giombini scaricato? L'impressione è che Giombini ora sia stato lasciato al suo destino. Il costruttore avrebbe ammesso almeno le sovrafatturazioni e la costituzione di fondi neri. Giorgio Raggi, il presidente della Coop Centro Italia, invece in tre ore di interrogatorio come testimone ha difeso la «totale correttezza e trasparenza dell'operazione» portata a termine «alle condizioni non trattabili richieste dal proponente», data «l’assoluta convenienza dell’investimento». Insomma ha fatto tutto Giombini. Resta da capire, però, ad esempio per quale motivo la coop abbia accettato di pagare un’intermediazione fino a sei volte il prezzo di mercato. Ma Giorgio Raggi non è un personaggio qualsiasi.
Il club di Foligno. Raggi è stato sindaco di Foligno, prima che su quella stessa poltrona sedesse Maria Rita Lorenzetti. Revisore dei conti (supplente) nell’Unipol degli anni ruggenti di Giovanni Consorte e Italo Sacchetti. Fa parte con la Lorenzetti e il potente assessore regionale Vincenzo Riommi (tutti e tre folignati) di quello che dentro il partito, con un misto di gelosia e ammirazione, chiamano il «club di Foligno», ovvero la nidiata allevata nella Fgci che ha scalzato la vecchia guardia ai vertici del potere nell'Umbria rossa. Alla Procura ora spetta un arduo compito.

Dovrà appurare se Giancarlo Lo Forte, uno degli imprenditori coinvolto nelle fatture false - secondo il quale gli 850 mila euro sono serviti a finanziare la campagna elettorale del 2005 ed erano destinati a tre politici e un dirigente di cooperativa - ha detto il vero.

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