
Visto che hanno deciso di tornare dopo sette anni, i Negrita hanno deciso di farlo con il loro disco migliore da tanto e tanto tempo. Non a caso si intitola Canzoni per anni spietati (esce oggi, 28 marzo) e non fa compromessi. Chitarre e testi a volume alto. Spirito combattivo.
E quindi bravi, così si fa, nel mare placido del pop conformista o dell'urban megalomane, le Canzoni per anni spietati riportano la barra al centro e riaccendono le luci su di uno spicchio di musica sempre meno illuminato, ossia il rock d'autore.
Dopotutto è sempre meno popolare prendere posizione sugli argomenti che contano, molto meglio perdersi nelle suggestioni personali o sulle microstorie da cameretta. Dalla forza di Nel blu all'intensità di Dov'è che abbiamo sbagliato, ecco i veri Negrita, finalmente. E gli assoli di chitarra, che belli questi assoli. «Non potevamo scrivere nient'altro che questi brani», spiegano Pau, Mac e Drigo che hanno l'accento ispido di Arezzo ma parlano una lingua che rientra nel dizionario dei grandi, da Bob Dylan in avanti, parole chiare, immagini forti e utopie quanto basta. «Eravamo bloccati, poi ci siamo decisi».
Addirittura.
Pau: «Beh non avevamo attraversato un periodo di massimo splendore e poi la pandemia e la musica che girava intorno ci hanno bloccato. Insomma, non avevamo scritto manco un brano».
Drigo: «È un album con un cuore folk e questo dice tutto. Il cuore folk può adattarsi al rock oppure anche al funk, come in Ama e lascia stare. Ad esempio Blowin' in the wind di Bob Dylan è solo chitarra e voce, ma è uno dei picchi della musica di sempre».
Bob Dylan.
Pau: «Lui ha scritto Song to Woody, noi, senza ovviamente far paragoni, abbiamo registrato una Song to Dylan, che è acustica ed è un omaggio al suo stile».
Insomma per andare avanti avete guardato indietro.
Pau: «I nostri due ultimi album erano, ammettiamolo, un tentativo di stare sull'onda della moda. Stavolta, anche con lo scudo dei grandi maestri, non ci siamo fatti scrupolo a essere quello che vogliamo essere».
Un gruppo ribelle.
Pau: «La canzone folk ha un testo importante oppure non ha senso. Insomma è una fetecchia. E poi noi siamo così, senza stilisti che ci vestono o megaproduzioni che ci coccolano. Il nostro cuore è folk, poi il vestito è funk oppure rock altrimenti ci annoiamo».
Però c'è un filo conduttore in queste nove canzoni.
Pau: «Sì è una specie di concept, potrebbe diventare persino un film e Neil Young sarebbe un ghost actor in questo copione».
Siete politici ma non partitici.
Pau: «Pensiamo sia inutile continuare con la filosofia di noi contro loro, è soltanto una guerra intestina che non porta a nulla. Preso atto che, tanto per fare un esempio, il dieci per cento degli italiani è sotto la soglia di povertà, se ne facciamo solo una questione di tifoserie dove vogliamo andare? Di certo non ci sentiamo rappresentati da nessuno, ma non è, appunto, una questione di partito».
L'evoluzione «Non si può fermare», come recita la canzone cantata da Drigo.
Drigo: «Il lockdown è stata la prova generale della crisi che tuttora avvolge tutto il pianeta e che ci ha fatto diventare tutti divisi e pieni di odio».
Avete avuto il coraggio di fare una cover di Viva l'Italia di De Gregori.
Drigo: «Il nostro sogno è di fare un tour con lui. I Negrita con De Gregori come i Grateful Dead con Dylan, ovviamente senza far paragoni. Certe volte dice sì, altre no, ma glielo chiediamo di nuovo: andiamo in tour insieme?».
Intanto suonerete da soli nei club, prima data l'8 aprile all'Atlantico di Roma.
Pau: «Quella è la nostra dimensione, la giusta quantità di gente che guardi negli occhi. Senza filtri tecnologici».
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