
"Dopo uno scrupoloso e dettagliato esame di ogni aspetto di questa vicenda - dice Ignazio La Russa - la decisione dei magistrati
inquirenti di chiedere al gip l'archiviazione dell'accusa di violenza sessuale mi conforta nell'idea che ho sempre espresso
sulla estraneità di mio figlio ai fatti contestati che hanno suscitato un grande clamore mediatico". È il comprensibile sollievo di un padre. Ed è anche il riconoscimento alla Procura di Milano di avere risposto con nettezza e coraggio alle domande che la vicenda che vedeva indagato il figlio del presidente del Senato. Domande complesse.
Quando due ragazzi si ritrovano, sull'onda dell'euforia da festa e di qualche sostanza alcolica o chimica, nudi su un materasso con quel che ne consegue, si può attribuire al maschio tutta la colpa di non essersi fermato in tempo? Di non aver capito in che stato si trovava l'altro? Di non avere realizzato che il consenso - tacito od esplicito - che l'altro manifestava non era un vero consenso perchè non espresso lucidamente? Sono queste le domande che aleggiavano fin dall'inizio sull'inchiesta della Procura di Milano a carico di Leonardo Apache La Russa e del suo amico Tommy Gilardoni. E che la Procura di Milano risolve con una risposta secca, destinata a fare da precedente in altre indagini meno eclatanti su fatti analoghi. La risposta è: no, non si può.
La richiesta di archiviazione dell'accusa di stupro nasce da un esame scrupoloso dei fatti emersi nella vicenda. Una vicenda in cui va dato atto ai difensori di La Russa junior di non avere mai ceduto alla tentazione della "vittimizzazione secondaria", maltrattando la ragazza che accusava i due, descrivendola come una pentita del sesso allegro fatto spontaneamente. È quanto invece accaduto in un processo simile, quello a carico di Ciro Grillo, figlio di Beppe, e di tre suoi amici: in cui la ragazza che ha denunciato lo stupro è stata sottoposta a controesami a volte brutali.
Non sarebbero mancati gli spunti, nella vicenda di La Russa junior: sono state le indagini della Procura a evidenziare il profilo complicato della ragazza, le sue fragilità, la sua confidenza con le droghe anche la notte del 17 maggio 2023, nelle ore precedenti la presunta violenza. Ma i legali del figlio del presidente del Senato si sono sempre guardati dall'utilizzare cinicamente quanto emergeva. La loro convinzione è piuttosto la stessa che la Procura ha raggiunto e che l'ha portata a chiedere l'archiviazione.
La ragazza, dicono i pm, non calunnia, non inventa: espone in buona fede il suo vissuto, la ricostruzione che ha compiuto a posteriori, quando è tornata lucida, di quanto le era accaduto. Ma quella ricostruzione doveva fare i conti con gli elementi concreti raccolti durante le indagini. Che non l'hanno confermata, e anzi in più punti l'hanno smentita. Che Leonardo La Russa fosse anche lui su di giri e poco lucido non sarebbe una attenuante, se fosse accertato che la ragazza è stata costretta a subire i rapporti sessuali contro la sua volontà. Invece nella ricostruzione dei pm tutto appare svolto in una zona offuscata, dove nessuno è in grado di percepire la volontà propria e dell'altro. Qui cade tutto.
Resta l'accusa di revenge porn, l'articolo del codice penale che punisce chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate". Secondo l'accusa, La Russa filma la ragazza durante un rapporto e manda il video a Gilardoni; Gilardoni a sua volta lo gira all'organizzatore della festa alla discoteca Eclypse dove tutto è cominciato.
È , raccontano le cronache, una abitudine incresciosamente diffusa nel sesso fra giovani: i video poi diventano strumento di vendetta, di ricatto, di dileggio o - come appare in questo caso - di semplice vanteria. Ma la pena non è modica. Se anche il giudice preliminare accogliesse l'archiviazione dell'indagine per stupro, solo per la diffusione del video i due indagati rischiano fino a sei anni di carcere.
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