
L’inchiesta sui finti visti di cui si è occupato il Giornale più volte arriva a una svolta. Su delega della Procura di Roma, i finanzieri del Comando provinciale di Roma stanno eseguendo un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale nei confronti di cinque persone, di cui due in carcere e tre agli arresti domiciliari, per le ipotesi di reato di corruzione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Nel mirino ci sono due cittadini italiani, dipendenti della Farnesina impiegati presso l’ufficio Visti di un’Ambasciata italiana all’estero (quasi certamente il Pakistan), che secondo le indagini eseguite dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Roma dopo l’esposto del parlamentare di Fdi Andrea Di Giuseppe, avrebbero organizzato, con la regia di un imprenditore pakistano residente a Roma, un imponente traffico illegale di ingressi in Italia, sfruttando le opportunità fornite dal così detto Decreto flussi, le cui criticità erano state denunciate dal premier Giorgia Meloni alla Procura nazionale antimafia.
Gli indagati avrebbero concesso visti per extracomunitari «segnalati» dagli altri indagati in cambio di denaro, dispositivi elettronici, orologi di pregio, viaggi aerei, investimenti immobiliari negli Emirati Arabi Uniti.
Nell’inchiesta è decisivo il ruolo di imprenditori che, dietro compenso, si sarebbero prestati ad assumere fittiziamente gli extracomunitari per presentare l’istanza telematica finalizzata al rilascio del nulla osta per l’ingresso in Italia.Una volta in Italia gli extracomunitari avrebbero pagato anche una tangente (in parte «fissa», in parte variabile) in proporzione ai futuri guadagni lavorativi dagli stessi ottenuti nel nostro Paese.
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