Avellino, strage del bus con 40 morti: 6 anni di carcere per l'ex ad di Aspi Castellucci

L'incidente sull'A16 Napoli-Canosa, avvenuto il 28 luglio 2013, provocò la morte di 40 persone. Nove anni al proprietario del bus e 4 a un ex dipendente della Motorizzazione

Avellino, strage del bus con 40 morti: 6 anni di carcere per l'ex ad di Aspi Castellucci
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La quarta sezione penale della Cassazione nel processo per la strage sull'A16 Napoli-Canosa ha condannato definitivamente a 6 anni l'ex ad di Aspi Giovanni Castellucci per omicidio colposo e disastro colposo. L'incidente avvenne il 28 luglio 2013, con un pullman che precipitò dal viadotto dell'Acqualonga nel territorio di Monteforte Irpino, ad Avellino, provocando la morte di 40 persone. "Castellucci è pronto a costituirsi, attendiamo l'ordine di carcerazione'', afferma l'avvocato Filippo Dinacci.

I giudici hanno annullato senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di due imputati, limitatamente alla misura della pena, che è stata rideterminata, e di rigetto dei ricorsi del responsabile civile e di tutti gli imputati. La loro responsabilità deriva dal fatto che erano i garanti preposti all sicurezza del mezzo e del tratto autostradale dove avvenne la tragedia.

Le altre condanne: sei anni per il direttore generale dell'epoca, Riccardo Mollo, e per i dipendenti di Aspi Massimo Giulio Fornaci e Marco Perna. Cinque anni al dirigente di Aspi Nicola Spadavecchia e al direttore di tronco di Aspi Paolo Berti. Tre anni a Gianluca De Franceschi, dirigente di Aspi e ai due dipendenti Gianni Marrone e Bruno Gerardi. Nove anni al proprietario del bus, Gennaro Lametta, e quattro anni per l'allora dipendente della motorizzazione civile di Napoli Antonietta Ceriola.

La pg di Cassazione in aula aveva evidenziato come il pullman avesse un certificato falso di revisione, che non veniva effettuata dal 2011 e che il mezzo era "privo dei requisiti minimi per circolare. Lametta ha posto in circolazione un mezzo in pessime condizioni mettendo a rischio le vite dei passeggeri''.

In merito alle barriere del viadotto, ''c'è stata una situazione di incuria protratta per numerosi anni, con il mancato controllo sui tira fondi'' aveva concluso il sostituto pg parlando di una ''colpevole inerzia da parte di chi doveva monitorare e controllare''.

"Le decisioni si rispettano anche quando risultano incomprensibili", crivono in una nota gli avvocati di Castellucci, Paola Severino e Filippo Dinacci. "La decisione della Suprema Corte di Cassazione ci ha molto colpito. Sulla base delle prove che abbiamo fornito siamo convinti che l'ingegner Castellucci sia totalmente estraneo ai fatti e che abbia sempre svolto accuratamente i propri doveri di amministratore delegato. La censura che gli è stata mossa peraltro riguardava attività di esclusiva competenza del progettista, neppure indagato, e ritenevamo pertanto corretta la richiesta del procuratore generale della Cassazione di annullare la sentenza. Con questa sentenza, le responsabilità dei vertici diventano pericolosamente onnicomprensive. Utilizzeremo tutti gli istituti che la legge consente affinché possa essere riconosciuta la sua innocenza".

Esprimono amarezza i legali del proprietario del bus: "Nel doveroso rispetto che va tributato ai familiari delle vittime, non possiamo non esprimere amarezza per la condanna di di Gennaro Lametta, che riteniamo

innocente e che paga le colpe di settori deviati della motorizzazione e di chi per trent'anni non ha manutenuto quel tratto di autostrada, perdendo ora, oltre al fratello (che era alla guida del mezzo, ndr), anche la libertà".

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