
Flavio Briatore, 75 anni, è un fuoriclasse tra gli imprenditori italiani, vive molto all'estero e conosce bene l'America. Lo incontro nella lobby di un hotel in centro, a Milano. Abbigliamento sportivo, occhiali colorati, quel modo di palare diretto e mai democristiano. Conosce Trump da anni e oggi può aiutarci a capire cosa passi nella testa del suo amico.
Questa decisione di sospendere i dazi all'Europa per novanta giorni è una inversione di marcia?
«Lei pensa che Trump possa invertire la marcia? Non esiste. Può fare delle mosse tattiche, ma Trump è un treno. Quando si muove non lo fermi. E se gli vai contro ti travolge. La decisione di rinviare tutto di 90 giorni dimostra che fa sul serio. Ragiona, medita, usa il metodo dello stop and go».
Ma lei se l'aspettava questa decisione di aprire la guerra dei dazi?
«No, nessuno se lo aspettava. E quando fai una cosa che nessuno si aspetta, la cosa risulta ancora più violenta. Lui ha messo mano ai dazi appena insediato e questo ha scombussolato tutto il sistema mondiale. Vedrà che va avanti. Poi arriverà il momento nel quale ci saranno delle negoziazioni con altri paesi, ma lui arriverà a negoziare solo da posizioni di forza. E niente sarà più come prima. Questo è sicuro. La gente pensa che torna indietro. Non torna indietro».
Se le avesse dette in campagna elettorale le cose che sta facendo?
«No, non le avrebbe dette in campagna elettorale. In campagna elettorale diceva America Again, probabilmente già pensava queste cose ma non poteva dirle. Sennò perdeva le elezioni».
Ma dove vuole arrivare?
«Lui vuole fare tornare in America i soldi che prima uscivano. Dice che vuole far finire il banchetto».
Quale banchetto?
«Quello degli europei e dei cinesi che hanno usufruito del mercato americano per anni non pagando dazi».
Ma se il mercato europeo si chiude all'America, per l'America non è un danno serio?
«L'America non è che ha tanti prodotti da esportare. Le macchine americane non sono bellissime. Poi un po' di tecnologia. Basta. Certo non esporta moda, cibo, vino. E allora il suo obiettivo è quello di portare le aziende in America. Dice agli imprenditori europei: volete vendere in America? Benissimo, venite a produrre in America».
Le borse ieri si sono un po' riprese, ma solo dopo l'annuncio della moratoria. Prima erano crollate.
«Beh, un crollo così delle borse non si vedeva da anni».
Trump non si preoccupa per il crollo delle borse? E non teme di perdere il mercato europeo? 450 milioni di persone...
«Per l'America, l'Europa non è fondamentale. Agli americani dell'Europa interessa poco. Gli interessano la Cina e la Russia».
Non rischia il muro contro muro?
«A lui piace fare il muro contro muro. Crede che sia un buon metodo per poi negoziare meglio. E negozierà. Ma qualunque cosa succeda l'America sarà in una condizione diversa da quella di prima».
E come la vede l'uscita di Musk che ha auspicato la politica dei dazi zero?
«Credo che sarebbe una grande cosa andare a tassi zero. Liberalizzazione totale. Ma non è questo all'ordine del giorno».
E allora perché Musk lo ha detto?
«C'è da dire che Musk, che fin qui è stato l'anima dell'economia di Trump, in questo momento è un po' in crisi. È ferito dall'andamento negativo della Tesla. E poi lui ha la percezione di stare sulle palle della gente».
Questa uscita di Musk, Trump come l'ha presa?
«Non lo so. Ma chi decide è Trump non è certo Musk».
Delle volontà di conquiste territoriali dichiarate da Trump (Canada, Groenlandia, Panama) cosa ne pensa?
«Mi sembrano cose un po' da matti. Credo che siano più che altro delle boutade. Lui dice cose che solo lui può dire».
Lei giustifica questi atteggiamenti di Trump?
«Non è che giustifico. Ha dato uno shock economico a tutti. È inutile che giudichiamo: prendiamone atto. Lui è la realtà. E lui è il potere».
Prima di lui Reagan aveva fatto una politica contro i dazi...
«Sì. Una cosa è certa; la competizione è sana. Se l'America arriva a non avere più competizione, ci perde. Perde in conoscenze, in tecnologie, in missione. Sono convinto che l'America, alla lunga, pagherà questa politica».
Questo Trump lo sa?
«Si, lo sa. Ma crede che prima bisogna fare rientrare tutto il disavanzo. E pensa che con i dazi e con una politica che indebolisca il dollaro questo possa succedere».
Vuole anche abbassare il costo del denaro?
«Si, è così. E non c'è dubbio che il mix tra chiusura dei mercati e abbassamento del costo del denaro produce inflazione. L'inflazione colpisce prima di tutto i poveri, cioè quelli che l'hanno votato».
Dicono che voglia favorire il gruppo che gli sta intorno...
«Ma chi? Quattro amici? Non metti a rischio il mondo per quattro amici. E poi i suoi amici sono miliardari, non hanno bisogno di altri soldi».
Questi miliardari come vedono la svolta di Trump?
«Credo che inizino a vederla con l'occhio storto...».
Cosa dovrebbe fare l'Europa?
«Essere unita e sedersi al tavolo e fare delle proposte di negoziato. Cercare di trovare il compromesso. E poi scegliere qualcuno che la rappresenti. Se invece ogni Stato negozia per conto suo, la forza degli europei diminuisce».
Come vede Giorgia Meloni?
«La Meloni in Europa è la leader indiscussa. È la migliore. Potrebbe essere lei a rappresentare l'Europa».
Se lei dovesse fare un bilancio del governo?
«Basta guardare i sondaggi. Di solito quando sei al governo perdi punti. Invece la gente comincia a capire che erano anni che non avevamo un governo così solido. Le percentuali di gradimento della Meloni sono molto alte. Da quanto tempo un primo ministro non le aveva? Dai tempi di Berlusconi».
Fuori d'Italia Giorgia Meloni come è vista?
«Molto bene. Noi che viviamo all'estero ci accorgiamo che ora l'Italia è considerata una protagonista in Europa. Prima contavamo come l'acqua del cavallo».
Bilancio?
«Questo governo sta facendo cose molto importanti per il Paese. Bilancio super positivo».
E l'impresa in Italia come va?
«È tutto fermo perché purtroppo le banche non danno i soldi a chi produce. Fanno solo un gioco finanziario. Se un fornaio deve cambiare il forno non c'è una banca che lo finanzi. I piccoli imprenditori sono nei guai».
Colpa delle banche?
«Il diario giornaliero delle banche è quello della finanza, non quello industriale. All'estero è molto più facile fare delle start up».
L'Italia avrebbe grandi potenzialità?
«Certo. Le piccole imprese sono il tessuto forte del nostro Paese. Vanno aiutate».
Come si può reagire a questa crisi?
«L'Europa dovrebbe fare un piano per la
competitività. Bisogna aumentare il mercato interno. Almeno del 25 per cento. Pulizia della burocrazia che blocca la crescita. Accelerare i rapporti con altri Paesi e soprattutto con l'India, con il Sudamerica, ma anche con la Cina».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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