![La bravura presunta di questi magistrati](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/10/1739162768-aztqgsho0mzhzbpw1zs0-lapresse.jpeg?_=1739162768)
«Dobbiamo far comprendere le nostre ragioni ai tantissimi cittadini che non hanno esperienza del nostro operato, non essendo per loro fortuna mai entrati in contatto col sistema giudiziario, ma che comunque saranno chiamati a esprimersi sulla riforma quando si dovesse arrivare al referendum». È la sfida rappresentata ai suoi colleghi dal neo-presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, Cesare Parodi, subito dopo essere stato eletto.
Intanto complimenti: ha centrato il vero problema. Con le riforme costituzionali la chiamata alle urne è quasi la regola, viste le maggioranze risicate con cui passano alle Camere. Pertanto, la riforma vivrà se i cittadini la voteranno.
Il terreno del confronto allora non saranno più i salotti televisivi affollati di giornalisti amici.
Questo passaggio, poco colto dai media, implica più o meno questo. Cari colleghi, da questo momento non parleremo più solo dispensando giustizia, che è la nostra attività tipica secondo la Costituzione. Né cercheremo di intervenire nell'attività legislativa, come ormai è la prassi, con le sole interlocuzioni istituzionali.
No, d'ora in avanti dovremo relazionarci direttamente con i cittadini elettori, spiegando e convincendo. Insomma, nella contesa referendaria, fisiologica e costituzionale, le nostre ragioni non saranno affidate ai movimenti di opposizione, che hanno piena legittimità di intervento nella produzione di leggi e riforme e ci mancherebbe altro.
Nient'affatto. Non basterà. Dovremo essere noi, il potere giudiziario, a scendere nell'agone legislativo. E ci perdoneranno i padri costituenti, poiché lo facciamo per una buona causa, la nostra. Già qui, ce n'è d'avanzo per aprire il TG.
Poi, ha spiegato che la difficoltà starebbe nella loro capacità di comunicazione, che dovranno impegnarsi a migliorare. La convinzione sottostante è abbastanza palese: se ci conosci ci appoggi. Secondo il presidente Parodi, chi non ha avuto esperienza di tribunali ha perso l'occasione di apprezzare il lavoro che lì viene svolto e il servizio che ne viene dispensato.
Il corollario sarebbe che invece i malcapitati che finiscono dentro il sistema giudiziario sono da compatire per le vicende in sé, ma hanno la fortuna di godere della bravura, della competenza e dell'impegno dei magistrati. Ora, sia detto col massimo rispetto, una simile convinzione quasi intenerisce il cuore.
La giustizia è uno dei grandi mali del Paese e questo manco si discute. La produzione è scarsa e lenta. Molta giustizia non viene nemmeno erogata.
Quella che alla fine arriva in molti casi non assolve alla sua funzione riparatrice dei torti ma anzi aggrava le situazioni, a causa dei tempi biblici. Quanto lavorano i magistrati? Chi controlla il volume della loro produzione? Si organizzano in modo efficiente?
Poi c'è il tema della qualità del servizio che rendono alla comunità. In appello viene riformato circa il 40% delle sentenze di primo grado, che dunque sono sbagliate, a detta degli stessi giudici. Ora, se due volte su cinque dicessero al paziente che deve tornare sotto i ferri perché il chirurgo ha sbagliato l'intervento? Tra i magistrati, ci sarà un problema di competenze o no?
È vero che tanti cittadini, i più fortunati, non hanno mai interagito con i magistrati.
Ma non significa che non sappiano quanto pochi e quanto scadenti siano i servizi che rendono. Lo sanno bene perché gli altri, i meno fortunati, parlano.Checché ne pensi Parodi, la giustizia non va raccontata, va erogata.
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