Le carte di Giorgia per l'ok degli Usa: più acquisti di gas e armi americane

La premier da Trump il 17 aprile. L’obiettivo è arrivare a un’area di libero scambio

Le carte di Giorgia per l'ok degli Usa: più acquisti di gas e armi americane
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La tempesta dei dazi non si è ancora placata. I colpi di scena continuano a essere all'ordine del giorno e si naviga nell'incertezza, ma uno spiraglio di sole è tornato ad affacciarsi sulle relazioni transatlantiche. La sospensione di 90 giorni del grande balzello imposto all'Unione Europea regala speranza a Palazzo Chigi in vista del viaggio a Washington di Giorgia Meloni (foto) con partenza fissata per il 16 aprile e il faccia a faccia con Donald Trump alla Casa Bianca programmato per il giorno successivo.

Giorgia Meloni non si è arresa davanti a chi, nei giorni scorsi, la metteva in guardia dai rischi di quella che appariva come una sorta di missione-kamikaze, e ora è più che mai convinta della necessità di tenere vivo il dialogo con l'amministrazione statunitense. La presidente del Consiglio sarà la prima leader di un Paese occidentale a incontrare il tycoon dopo la decisione di sospendere i dazi. A Trump chiederà di sedersi a parlare con l'Europa, con l'obiettivo - che ora appare meno irrealizzabile - di creare quella grande area di libero scambio tra le due sponde dell'Atlantico, con la formula «zero per zero» dazi. Certo anche una colomba come il consigliere economico della Casa Bianca Kevin Hassett - l'uomo che avrebbe convinto il presidente a correggere la rotta - ammette che è impensabile abbassare i dazi sotto il 10%, «a meno di un accordo notevole», «ma di certo» aggiunge «gli Stati Uniti stanno facendo progressi nelle discussioni sui dazi con i partner commerciali e si stanno avvicinando ad accordi con alcuni di loro».

In questo contesto Giorgia Meloni sta lavorando per definire il perimetro di una possibile trattativa e indirizzare il dialogo su temi concreti. Un lavoro di preparazione che sta portando avanti con Antonio Tajani, Giovanbattista Fazzolari, Alfredo Mantovano e con il consigliere diplomatico Fabrizio Saggio. «Ci sono le premesse per un buon incontro e per iniziare a individuare le reciproche convenienze» spiegano da Palazzo Chigi, mentre gli sherpa stanno avviando i contatti diplomatici con Washington. Se l'Italia non può andare incontro agli Stati Uniti sul nodo delle barriere non tariffarie come le certificazioni di qualità, visto che andrebbero a impattare sul comparto dell'eccellenza alimentare, può però farsi portatrice di quello snellimento burocratico europeo che andrebbe a vantaggio di tutti. C'è poi la questione del gas. L'Italia è disponibile a comprare una maggiore quantità di gas naturale dagli Stati Uniti a condizione che questo abbia prezzi competitivi. In questo senso un accordo con prezzo prestabilito e con durata pluriennale potrebbe essere una soluzione.

C'è poi la partita di Rearm Europe. Gli Stati Uniti guardano con preoccupazione all'impegno, previsto dal piano, di acquistare armi e componenti europei per l'80% delle forniture. Se la Francia chiede addirittura di aumentare quella percentuale, Italia, Germania e altri vorrebbero abbassarla anche perché con le nostre imprese forniamo componenti alle industrie americane e c'è un problema di «paternità condivisa» degli armamenti. Sullo sfondo c'è la grande questione dei rapporti con la Cina. Come ha spiegato in maniera lucida Carlo Fidanza al Corriere della Sera, «il messaggio di Trump è: voi europei ci state o no a entrare in un blocco anticinese? È questo il nodo che dobbiamo sciogliere. L'Ue con la transizione ecologica di fatto ha puntato sull'elettrico e ha sposato una politica filo-cinese». La richiesta statunitense, insomma, è quella di una scelta di campo e di un posizionamento chiaro, all'interno del nuovo ordine mondiale.

Un rilancio della partnership naturale fra Stati Uniti ed Europa che implicherebbe una apertura di credito reciproca e l'abbandono dell'approccio muscolare adottato in questi primi mesi dall'amministrazione statunitense.

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