
William Burroughs disse di «aver scritto» Junky, cioè tossico, il suo primo romanzo, e di «essere stato scritto» da Queer, cioè diverso, il suo secondo romanzo, realizzato nel 1952 ma rimasto inedito fino al 1985.
Queer, in effetti, conduceva Burroughs in luoghi misteriosi, sia dal punto di vista personale, sia dal punto di vista dello stile. Queer è il primo libro in cui Burroughs diventa se stesso, ovvero anche un grande scrittore comico-satirico e uno sperimentatore a caccia di ogni modo possibile per ridare vita alle parole consunte. C'è poi il non detto del libro. Nel 1951, Burroughs si era messo a giocare al tiro a segno con la moglie in un appartamento di Città del Messico. Lo scrittore era un ottimo tiratore, ma quella volta mancò il bicchiere sulla testa della donna e centrò la parte sinistra del volto di Joan Vollmer, uccidendola. Le vicende in larga parte autobiografiche di Queer si fermano proprio un attimo prima della tragedia. Ma sono state scritte dopo. Nel libro, Lee (Craig) seduce Allerton (Drew Starkey). La vicenda amorosa diventa un viaggio picaresco in Sudamerica alla ricerca dello Yage, una pianta allucinogena.
Misurarsi con Burroughs non è facile. Ci è riuscito David Cronenberg, col suo Pasto nudo. Ma ci riesce, anche meglio, Luca Guadagnino col suo Queer, con Daniel Craig nel ruolo del protagonista, colonna sonora importante, con Verdena e la coppia da Premio Oscar, per The Social Network, formata da Trent Reznor e Atticus Ross. Il film è stato presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia, e avrebbe meritato un premio, la regia o l'attore. Li incontriamo entrambi in un lussuoso hotel nel centro di Milano.
A Guadagnino chiediamo se, come Burroughs, è stato scritto da Queer, cioè se ha scoperto qualcosa che non conosceva di se stesso: «Mi sono chiesto ostinatamente se questo libro mi nascondesse il suo segreto. Il tema, secondo me, è la fragilità amorosa, il dolore profondo provato da Lee. I personaggi lottano con la capacità di vivere i propri sentimenti, di coniugare il desiderio e la forza di realizzarlo. Entrambi i personaggi dicono di essere disincarnati. Lo sono perché si reprimono. Quindi il libro illustra la repressione interiore dei protagonisti ma contemporaneamente è disseminato di indizi che lasciano capire come alla base ci sia un desiderio sconfinato. Sono gesti talvolta minimi. Ma arrivano dall'inconscio». Ad esempio? «Nel libro c'è momento magnifico che poi è diventato fondamentale anche nel film. Lee è colpito da una crisi d'astinenza, è durante il viaggio in Ecuador. Ha un freddo terribile e chiede ad Allerton, che sta dormendo, se può entrare nel letto. E Allerton nel sonno gli dice Sì, vieni sì vieni, vieni, e mentre dorme copre la gamba tremante di Lee con la propria. Ecco, abbiamo cercato di indagare questa dimensione, in consonanza con le parole di Burroughs sul fatto di essere scritto dal libro».
Daniel Craig ha dato corpo a questa ricerca: «Dicono che sia un ruolo rivoluzionario. In realtà, abbiamo cercato di raccontare una storia e di scoprire qualcosa della condizione umana. E se questo è un rivoluzionario, ottimo. Ogni giorno è buono per essere rivoluzionari». Ma come ci si cala in un ruolo così complesso? «L'attore inizia a calarsi nella parte nello stesso momento in cui legge la sceneggiatura. È inevitabile. Si cerca subito di entrare in contatto con il personaggio. Recitare è faticoso, anche psicologicamente. Alla fine delle riprese ci si sente svuotati. Però è una stanchezza positiva. Uscire dalla parte significa fare spazio dentro di sé al prossimo personaggio.
Non potrei fare il produttore perché l'idea di leggere dieci sceneggiature alla settimana mi imporrebbe di calarmi in tutte e dieci e ne uscirei probabilmente morto».Il film sarà nelle sale il 17 aprile. La preview di questo fine settimana però ha dato un risultato per certi versi sorprendente: Queer è risultato uno dei film con il maggior incasso per copie distribuite.
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