Il vescovo di Marawi: "Questi gruppi estremisti sono dei puristi e non vogliono nessun contatto con noi"
Parlano i sopravvissuti alle bandiere nere: "È successo tutto all’improvviso. La città si è riempita di uomini armati"
Lamja Bashar è una giovane yazida sopravvissuta all'inferno di sposa forzata dei mujaheddin
TANGAIL – Novanta chilometri dalla capitale Dacca
DACCA – La povertà non c’entra. L’ignoranza neanche. I terroristi che combattono in nome dell’islam radicale in Bangladesh sono i rampolli della borghesia della capitale cresciuti nelle migliori università private. “In passato i jihadisti arrivavano dalle scuole coraniche, ma ora non è più così”, spiega il reporter Ziaul Kabir, autore del libro Militancy & Media, un volume che analizza i link tra terrorismo e mezzi d’informazione
DACCA – “Mi dispiace molto per quello che è successo, non so come sia stato possibile”
SATKHIRA – “Dopo l’attentato dello scorso luglio a Dacca è cambiato tutto, abbiamo molta paura”. Siamo all’interno dell’orfanotrofio dei Padri Saveriani e a parlarci è Melecio Cuevas, giovane missionario messicano arrivato in Bangladesh da nove anni. “Ad agosto un gruppo di persone è entrato nella nostra chiesa e ha messo all’aria tutto”. In quei giorni la tensione è altissima. Le immagini dell’assalto all’Holey Artisan Bakery, nella zona diplomatica della capitale del Paese, sono impresse nelle menti di tutti. Soprattutto in quelle di chi viene considerato “infedele” dai feroci terroristi
SATKHIRA – Dopo i lunghi controlli all’ufficio visti riusciamo a uscire dall’aeroporto