Mogadiscio

“Il mio nome è Giuseppe, Giuseppe Allamano”, inizia a salmodiare. Cinquant’anni, cappellino da baseball, camicia stirata, il somalo che mi siede davanti accompagna i suoi discorsi con ampi gesti, che sembrano trattenere le lunghe onde dell’oceano. Siamo a Mogadiscio, a pochi passi da noi Jaazera beach, il lido della capitale. In questo angolo di paradiso, troppo bello per esser graziato dai terroristi di Al-Shabaab che lo scorso gennaio lo hanno preso di mira facendo otto morti, ogni somalo viene a sognare, lontano dalle macerie della città, un futuro fatto di stabilimenti balneari, alberghi e ristoranti

Elena Barlozzari
Nella comunità cristiana più perseguitata al mondo
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