Ad Artena, l’ex «paese dei briganti» liberato dalle auto

Per questo motivo il centro ha conservato intatto tutto il suo fascino

Renato Mastronardi

Per quasi tutto il Settecento fin oltre la prima metà dell’Ottocento, Artena, il paese situato nella Valle del Sacco, arroccato a ridosso di un costone dei monti Lepini, era conosciuto come «il paese dei briganti». E, in effetti, da lontano, ancora oggi, appare come un nido di sparvieri. Anche se, l’attuale sistemazione topografica, di case che si succedono a cascata, ne fa un centro di irripetibile suggestione paesaggistica. Non per caso è, forse, l’unico centro del Lazio quasi interamente pedonalizzato. Tanto è che solo una piccola parte dell’abitato si può percorrere in auto. Tutto il resto si può visitare o a piedi. Per questo il centro medioevale ha conservato e mantenuto il suo disegno di borgo pittoresco e silenzioso. Un carattere che ha contribuito a forgiare i caratteri propri di una popolazione chiusa in se stessa e gelosamente custode della sua storia più antica.
Il nome di Artena è piuttosto recente: fino al 1870 si chiamava Montefortino. Il nuovo toponimo deriva dal fatto che si volle ricordare un’ascendenza, ancor più antica e nobile, dai Volsci. Anche se non manca una seconda versione secondo la quale, Artena, nasce dall’esistenza di una città latina, di nome Foretum, citata per la prima volta da Plinio ed anche da Tito Livio. Resta acquisito, comunque, un fatto: con la fine dell’impero romano, Artena soffrì tutte le pene di impietosi saccheggi e violente incursioni da parte dei barbari, predatori implacabili. Per questo, come fu per gli altri paesi vicini, il borgo si trasformò in castrum. Più precisamente in castrum Montisfortini.
Da vedere. Nel caratteristico paesetto di stampo medievale le cui strade sono quasi interamente costituite da scale e scalette, l’esiguità degli spazi non ha impedito la realizzazione di importanti emergenze monumentali. Tra gli edifici laici di notevole interesse artistico ed architettonico si annoverano il Palazzo Borghese ed il Palazzo del Governatore. Il primo, con un portale barocco attribuito a Martino Longhi, fu eretto nel XVII secolo da Scipione Borghese, ma la sua sistemazione architettonica si deve alla bravura del Vasanzio. A quest’ultimo si deve anche il Palazzotto del Governatore con una facciata molto armoniosa ed ornata con cordoni e fasce di tufo. Furono volute dal cardinale Borghese anche le due porte d’ingresso e d'uscita dal paese: Porta Nuova e Porta Borghese. C’e da dire che se il paese è certamente medioevale, tutti i monumenti conservati si devono all’epoca del governo di Scipione Borghese. Il discorso vale soprattutto per le chiese: la barocca Parrocchiale di Santa Croce, posta al sommo dell’abitato, è quella che caratterizza il profilo del borgo, con le sue basse torri squadrate e la copertura ottagonale del padiglione. Risale al 1663, mentre la Chiesa del Rosario fu costruita alla fine del Cinquecento secondo le caratteristiche di una cappella gentilizia.
Da mangiare, da bere: Le attività prevalenti degli abitanti di Artena, nonostante la vicinanza di notevoli nuclei industriali, sono ancora legate all’agricoltura. Da qui la qualità di una gastronomia specialmente contadina. Tra le squisite comparse culinarie prevalgono le eccellenti salsicce, gli ottimi prosciutti e le acclamate «coppiette».

Si schierano anche le fettuccine alla bruina ed alla spianatoia e, in attesa delle carni alla brace, ecco la varietà di gnocchi: lunghi, corti, e - udite, udite! - quelli a «coda de soreca». I vini sono quelli dei Castelli e dei Colli Lanugini.

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