Quella di Luca Fois, sottufficiale delle Forze speciali, è una storia che inizia con un inganno. Vuole fare il militare, ma non ha le carte in regola e così, durante le visite mediche, decide di mentire: «Ero l'anti soldato per eccellenza, non sapevo fare niente, pesavo 68 chili e mi mancavano cinque diottrie. Per entrare nell'Esercito ho dovuto mentire, ma solo perché ci tenevo davvero a indossare la divisa. E così ho piegato le ginocchia e, subito dopo la missione in Libano, ho fatto il laser. Ero un nerd, assolutamente non idoneo, però ci tenevo».
Inizia così un percorso che lo porta prima al 186esimo Reggimento Folgore («avevo amici paracadutisti che mi raccontavano storie incredibili e che erano stati in giro per il mondo»), poi con il 185esimo Rao e, infine, con il Nono Col Moschin che diventa la sua seconda famiglia. «Il training da operatore era propedeutico a quello che avresti potuto affrontare: quando ho sostenuto il corso si usava ancora sangue vero, si somministravano piccole inoculazioni di stress fino a far diventare i soldati resistenti al trauma».
Il Nono gli dà tutto e Fois prende tutto: «Ho imparato a studiare nelle forze speciali e parlo sia della tecnica di studio sia dell'organizzazione. Si generava un meccanismo per cui chi era più bravo in una materia, diventava il supporto per gli altri. Si riproponeva lo stesso modus operandi anche all'interno dei distaccamenti: chi era responsabile di una branca, diventava esperto e a prescindere dal grado aiutava gli altri. Le forze speciali premiano le capacità del singolo rispetto al grado».
Ci sono le missioni all'estero, in Afghanistan, contro i talebani e in Iraq. E altre, la gran parte, delle quali non può parlare. Nemmeno insistendo c'è nulla da fare. La risposta è sempre la stessa: «Legge 198/2015, segreto di Stato». Perché la vita degli incursori è soprattutto nascosta, non solo quando sono in teatro, ma anche in Patria. E, quando si ha famiglia, non sempre è facile conciliarla col lavoro. Fois diventa papà e, complici le lesioni provocate durante il servizio, lascia il Nono e va a vivere ad Agrate Brianza. Non è più un soldato. Ora è un semplice civile. Reinventarsi non è facile. Proprio per questo motivo, qualche anno prima, Luca aveva fondato con alcuni commilitoni un'associazione - Non dolet - per aiutare i veterani. La «transizione», come viene chiamata in gergo, lo porta al suo grande amore (oltre alla moglie): la montagna. «Ho chiamato un mio collega dicendogli che volevo fare un record, scalare tutti i 4mila delle Alpi, ma era già stato fatto. Non c'è un record delle Dolomiti sopra i 3mila, mi dice un altro amico. Che prosegue: Le cime sarebbero 120, anche se sono state ridotte a 86». Nasce così l'idea di realizzare un record che fosse però anche al servizio della comunità: «Quelli delle Dolomiti non sono percorsi difficili per ragioni di quota, ma perché si stanno ritirando i ghiacciai. Molte vie sono pericolose perché la roccia è marcia e quindi ho pensato, visto che non ci sono dati aggiornati, di raccoglierli io». E così Fois, oltre ai primi sponsor, ottiene anche l'appoggio dell'Associazione nazionale Alpini e insieme a due amici e veterani, Michael Turconi ed Emanuele Chessa, scalerà le 86 cime.
«Ora mi sto allenando e l'obiettivo è realizzare il record nel 2025. Raccoglieremo dati, tracciature gp e faremo fotografie. Poi se il Guiness riconoscerà quello che faremo sarà un onore per me, in caso contrario produrrò comunque un buon report aggiornato. E utile per la comunità».
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