Afghanistan, ecco lo schiaffo Usa per il governo Prodi

Alla vigilia del vertice di maggioranza sui casi Kabul e Vicenza, il Dipartimento di Stato difende l’ambasciatore Spogli dalle critiche di D’Alema e Parisi. Il premier: parliamo solo di politica estera. Ma resta la tensione anche sui Pacs

Afghanistan, ecco lo schiaffo Usa 
per il governo Prodi

Roma - Dopo le stizzite reazioni del governo italiano, scende in campo il Dipartimento di Stato americano. E definisce «una iniziativa lodevole» la lettera inviata dall’ambasciatore Usa in Italia Ronald Spogli (e da altri cinque diplomatici) in cui si esorta il nostro Paese a confermare il suo impegno in Afghanistan. Un portavoce del Dipartimento di Stato ha detto che la lettera di Spogli «è una iniziativa lodevole» ed è «perfettamente in linea» con il pensiero del segretario di Stato Condoleezza Rice al riguardo.
«Gli ambasciatori americani erano stati sollecitati dalla Rice ad attivarsi per cercare di far capire, con lettere o interviste televisive, quando fosse importante continuare a perseguire la missione in Afghanistan», ha affermato il portavoce, Terry Davidson. Una netta presa di posizione, che costituisce una nuova grana per il centrosinistra nel giorno dell’atteso (e delicato) vertice sulla politica estera.
Ieri è stato D’Alema a mostrare irritazione per «l’iniziativa irrituale» degli ambasciatori. Sullo sfondo non pochi cominciano a chiedersi perché mai i rappresentanti a Roma di Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia, Canada, Paesi Bassi e Romania hanno scelto la pubblicazione dell’appello su un quotidiano anziché servirsi dei normali canali diplomatici.
Qualche spiffero, in materia, lo si è cominciato ad avvertire: si dice che nell’ultimo vertice Nato di Bruxelles, la settimana scorsa, D’Alema abbia molto insistito sulla necessità di una conferenza politica sull’Afghanistan, accennando a più riprese alle difficoltà della maggioranza di governo italiana di continuare a finanziare una missione militare inutile, se non proprio dannosa. Ancora: i diplomatici stranieri presenti in Italia non è che non si accorgano della crescente ostilità di pezzi della maggioranza nei confronti degli alleati: Vicenza è stato un banco di prova che ha seminato più di una perplessità. E ancora non pochi hanno ricordato come Napolitano, nell’incontro di auguri col corpo diplomatico a dicembre, insistette a lungo sulle «crescenti responsabilità dell’Italia nelle missioni all’estero sotto egida Onu», quasi a voler tranquillizzare gli ospiti sulla continuità nelle alleanze.
Così se Parisi e D’Alema hanno buon gioco nel definire «irrituale» la lettera dei sei, cercando di rappezzare gli strappi nella coalizione, non è comunque da sottovalutare l’iniziativa senza precedenti di ambasciatori di paesi amici e alleati. Poco tranquilli, evidentemente, della tenuta del governo in politica estera.
Che nel centrosinistra si sia alla rissa è del resto verificabile quotidianamente. Anche ieri, dopo lo scontro tra Rutelli e sinistra radicale, sono volati propositi sparsi di segno opposto.

Fausto Bertinotti ha invocato «autonomia» nella risposta ai sei ambasciatori. Emma Bonino, definita anche lei «irrituale» la lettera dei 6, ammette che «il problema è quello che vogliamo fare noi. E dunque serve un chiarimento».

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