Aids e mortalità infantile, un medico tra gli slum

Gianfranco Morino venticinque anni fa ha scelto l'Africa. Ha iniziato facendo il medico nelle baraccopoli della capitale keniota e ora ha aperto un grande ospedale per aiutare i più deboli: "La mia non è stata una fuga dall'Italia, sono venuto a Nairobi perché è qui che c'è l'emergenza sanitaria"

Aids e mortalità infantile, 
un medico tra gli slum

nostro inviato a Nairobi

Ha gli occhi del sognatore e l’approccio del chirurgo. Gianfranco Morino 25 anni fa ha deciso di lasciare Acqui Terme e di venire in Africa e da allora non se ne è più andato. E’ sposato con un’italiana e ha quattro figli, due dei quali nati in Kenya. Ha iniziato negli slum e ora ha aperto un ospedale (bellissimo) con l'aiuto dei giovani medici di World Friends. Un centro di eccellenza in un paese in cui la sanità è un lusso e spesso,chi sta male e non ha soldi si lascia morire nelle campagne, non potendosi permettere un ricovero in ospedale.

Dottore, quando è arrivato in Africa per la prima volta?
Nel 1986 per il servizio civile. Dal 1994 ho focalizzato tutti i miei progetti qui a Nairobi.

Come mai ha deciso di venire a esercitare qui?
Ci tengo a precisare che la mia non è stata una fuga, io amo l’Italia ed è un paese che mi piace sempre di più. Ho deciso in base ai bisogni e alle necessità delle persone, Quello alla salute è un diritto che qui non ha quasi nessuno, i medici sono pochissimi e c’è una necessità estrema di personale sanitario. Poi ci sono anche le motivazioni culturali: in Africa la gente si incontra ancora, si parla, non come da noi.

Perchè Nairobi?
Perché l’emergenza è qui, la sfida della salute è in una metropoli come questa. A Nairobi due milioni e mezzo di persone vivono nelle baracche. Ci sono dei problemi gravissimi, innanzitutto per quanto riguarda il parto che spesso non viene assistito e questo implica un alto tasso di mortalità neonatale. E questo, per esempio, è un problema solo della città. Qui le donne vengono lasciate sole, in campagna c’è sempre un qualche parente che possa assisterle.

Quali sono i problemi principali?
L’Aids rimane un problema grosso, in tutto il paese la percentuale delle persone affette si aggira attorno al 10 per cento ma nelle baraccopoli, specialmente tra i più giovani, il tasso sale. Negli ultimi anni, proprio per colpa dell’Hiv, la speranza di vita in Kenya è scesa a 48 anni.

Dottore, lei ha iniziato come volontario e ora ha costruito un ospedale intero. E’ soddisfatto?
Sì, ma l’ospedale è ancora un work in progress. Abbiamo bisogno di fondi per i reparti di maternità, pediatria, chirurgia e un blocco operatorio. L’ultimo passo è la creazione di una struttura per l’insegnamento e la formazione di giovani medici, sarebbe la chiusura del cerchio, il modo per far sopravvivere la struttura anche quando noi non ci saremo più.

Uno dei tanti drammi del Kenya è la fuga di cervelli, ogni anno scappano ventimila cervelli perché qui non ci sono i presupposti per studiare e lavorare. Speriamo di riuscire a completare il progetto il prima possibile.

www.world-friends.it

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