Si erano lamentati di essere stati dimenticati dal Comune, di non aver ricevuto l'aiuto promesso subito dopo l'incidente che traumatizzò il figlio Matteo, che allora aveva 5 anni. Era il 15 giugno del 2008 e il bambino rimase folgorato da una scossa elettrica sul marciapiede di via Tor de' Schiavi.
Poche ore dopo il pubblico sfogo con il quale il papà e la mamma di Matteo, casalinga lei e operaio lui, chiedevano il sostegno mai ricevuto per consentire al bambino di superare il trauma con un po' di svago e assistenza psicologica, ecco la telefonata del sindaco Gianni Alemanno che offre alla famiglia Pistininzi un viaggio di tre giorni a Eurodisney e l'impegno dell'avvocatura capitolina a sbloccare l'atteso risarcimento. La signora Arianna all'inizio ha pensato ad uno scherzo, poi si è resa conto che stava davvero parlando con il primo cittadino. «Alemanno si è scusato - racconta - e devo dire che è rimasto stupito del fatto che avevamo chiamato inutilmente i suoi collaboratori. Mi ha detto che si impegnerà perché l'avvocatura acceleri lo sblocco del risarcimento, poi mi ha chiesto notizie di Matteo. Gli ho spiegato che è ancora terrorizzato, che ha sempre paura di toccare le cose perché teme di prendere la scossa e che non vuole mai passare nel punto in cui è rimasto folgorato». L'elettricità si sprigionò nel momento in cui il bambino poggiò una manina su un palo metallico di divieto di sosta e l'altra su un corrimano del marciapiede. Il suo corpo fece da conduttore perché la punta del segnale stradale era stata conficcata nell'asfalto andando a toccare un cavo dell'energia elettrica. Matteo cadde a terra svenuto, con gli arti tremanti, e fu tenuto in osservazione 48 ore al Pertini, dove gli fu diagnosticata un'ustione di secondo grado all'avambraccio sinistro e, naturalmente, un trauma psicologico che non è riuscito ancora a superare.
«Alemanno mi ha annunciato - aggiunge la mamma di Matteo - che ci regalerà un viaggio a Eurodisney. A quel punto non sono riuscita a trattenere le lacrime e il sindaco non faceva che dirmi "signora, non pianga"».
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