«Aliens», ironia contro il razzismo Una nuova serie tv sfida l’America

Nel telefilm si raccontano le difficoltà di uno studente pakistano che prova a integrarsi nella vita della provincia

da New York

L’invito del Brookings Institute, uno dei think tank più famosi di Washington, era davvero insolito. Nella sala dove vengono ospitati dibattiti di politica e tavole rotonde sulla diplomazia internazionale, qualche giorno fa si sarebbe invece mostrata la prima puntata di una serie televisiva dai risvolti comici. Ma Cynthia Schneider, l’ex ambasciatore americano in Olanda che avrebbe presentato il dibattito, sapeva che il Brookings Institute si sarebbe comunque riempito di politici e diplomatici. E così è stato, perché la serie Aliens in America, la cui prima puntata è stata presentata in contemporanea la scorsa settimana sul canale della rete CW, affronta con coraggio un tema scottante: la vita di uno studente pakistano musulmano in un liceo della provincia, a dir il vero piuttosto retrograda, del Midwest.
Il copione di Aliens è farcito di umorismo e di clichè presi in prestito da altre serie televisive. Come in Desperate Housewives, anche in questo serial c’è una madre piuttosto ricca e nevrotica, disposta a tutto per aiutare suo figlio, Justin. Quest’ultimo è lo zimbello dei compagni di classe, che lo prendono in giro e lo isolano. Così sua madre decide di ospitare uno studente straniero. Come si fa con le babysitter alla pari, anche lei compila un modulo su Internet, sperando di vedersi arrivare un ragazzino europeo che faccia da amico al figlio. Invece dall’aereo scende Raja, pakistano col caftano bianco, gli occhi neri come il carbone e il kufi in testa. Arrivato nella villetta, Raja molla le valigie e immediatamente s’inginocchia e prega alla Mecca. Un po’ come Borat, protagonista del film comico che ha sbancato i botteghini americani, anche Raja giudica e filtra la vita di questa middle America attraverso la sua ottica: rimarrà esterrefatto quando, a colazione, il padre di Justin esploderà in un moto di gioia nel vedere che non deve condividere la sua dose di pancetta col nuovo venuto. Ma appena esce di casa Raja si accorge di essere ritenuto un potenziale terrorista, mentre a scuola i liceali cercheranno di accettarlo, organizzando dei dibattiti «politicamente corretti» per domandargli: «Sei diverso da noi. Come ti senti?».
L’auto ironia dei creatori di Aliens in America, che non esitano a far fare un esame di coscienza agli americani, è proprio l’elemento vincente della serie. «Dobbiamo cercare di neutralizzare molti degli stereotipi negativi che noi americani abbiamo per i musulmani - ha spiegato Cynthia Schneider -. Non sono tutti terroristi. E l’umorismo è uno degli strumenti più efficaci nell’accettare altre identità religiose e culturali». Di terrorismo, infatti, si parlerà nelle prossime puntate di Aliens, ma sempre con un tono sorridente.

Raja da parte sua sgranerà gli occhi e riderà dell’ignoranza di molti ragazzini americani sul Pakistan e sulla sua religione. Ma le risate più sincere sono forse state quelle dei liceali invitati a vedere un’altra anteprima di Aliens in America al Centro islamico del Southern California.

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