Citius, Altius, Fortius. Il motto olimpico è questo da cento anni perché si deve essere più veloci, più alti, più forti per onorare il dio dello sport nascosto in ognuno di noi. Poi succede che una pandemia metta la maschera al mondo e che a Tokyo il Cio aggiunga al motto communiter, «insieme». Gesto nobile, nulla da eccepire, nato per ricordare e celebrare il bisogno di abbracciarsi e baciarsi per tornare a vivere ognuno come gli pare. Poi però un presidente russo diventato tiranno attacca un popolo fratello e accade che i suoi giovani, non i soldati mandati a violentare l`Ucraina, ma gli atleti russi cresciuti pensando un giorno sarò Citius, Altius e Fortius, accade che non vengano invitati a Parigi o che possano aggirarsi dalle parti della Torre Eiffel solo se con bandiera neutrale dopo aver mostrato patentino di non appartenenza ai corpi militari. Se mai capitasse una cosa simile agli atleti italiani, il nostro sport verrebbe svuotato e ora, qui a Parigi, ci sarebbero giusto Sinner, i tennisti e qualche pallavolista al massimo. Anzi, no. Sinner non ci sarebbe. Non per la guerra ma per la febbre.
«Più veloci, più alti, più forti, insieme e? in guerra». Purtroppo il motto in evoluzione delle olimpiadi al via domani con la temutissima cerimonia lungo la Senna, dovrebbe essere questo. Non foss`altro perché in quelle stesse ore saranno più o meno una sessantina i conflitti in corso in giro per il mondo. Invece ci nascondiamo tutti nell`ipocrisia a cinque cerchi delle tregue olimpiche. Olimpiadi come time out di pace a metà partita, poi si riprende, militari in campo e via, vediamo chi segna. Olimpiadi come interruzione tra primo e secondo tempo, così così la prima parte del film, chissà mai la seconda, intanto passami i pop corn.
No, non se lo meritano. Povere Olimpiadi moderne: sono solo sport con bellissima gente che fatica e gioisce. Perché le tiriamo invece per la giacchetta praticamente dalla nascita? Andavano ancora registrate e sistemate dopo certi svarioni organizzativi nelle prime edizioni che già de Coubertin, il loro papà, era alle prese con i miasmi della Prima Guerra Mondiale e si arrovellava sul da farsi. «Mi auguro» diceva «che assisteremo a magnifiche gare, però il mio sogno profondo è che da questo incontro di ideali fra atleti possa nascere la comprensione più profonda dei loro diversi punti di vista. Le pacifiche lotte potrebbero così dare origine a durevoli amicizie, utili alla causa della pace». Fu lui il primo a illudersi e confonderci. Poco dopo queste parole, il barone era a Losanna a cercare un edificio per la sede del Comitato olimpico. Sarebbe stato logico trovarla a Parigi, era casa sua, o in altre nazioni più importanti a livello sportivo e politico-economico. Perché Losanna? Il barone aveva alti ideali ma anche grande fiuto: aveva capito che cosa sarebbe successo nei successivi 110 anni, per cui molto meglio edificare il Cio nella neutrale Svizzera. Quando decise, l`Europa era in guerra e non pensava più ai Giochi del 1916 fissati, vien da sorridere a pensarlo, a Berlino. Anche perché la Germania aveva già invaso il Belgio. Il boicottaggio come lo conosciamo noi riferito all`Africa che non va a Montreal, agli Usa che non vanno a Mosca, all`Unione sovietica che non va a Los Angeles nacque alla fine della Grande Guerra. Olimpiadi assegnate al Belgio che era stato invaso, per cui ecco i Giochi riparatori ad Anversa, e tedeschi, austriaci, ungheresi, bulgari e turchi puniti in castigo. Tutto partì da lì.
Siamo noi che ci ostiniamo ad affidare ai Giochi inesistenti poteri rappacificanti. Nei mesi che precedono l`evento, gli atleti sono relegati in fondo, non si parla di loro, sono trasparenti. Al centro di tutto, sul gradino alto del podio, solo soldi, paure e sicurezza. Poi, per fortuna, iniziano a parlare le medaglie e le commoventi storie di atleti sconosciuti. Ma prima, quando i turisti dello sport faticosamente stringono fra le mani i costosissimi biglietti per i Giochi, si chiedono se non abbiamo firmato per andare al fronte. «Ma è proprio sicura Parigi, secondo te?» è la domanda più gettonata. Per cui ma quale momento di pace o tregua? A St.
Etienne, ieri, partita di calcio tra Argentina-Marocco, invasione di campo dei nord africani, sudamericani in fuga e due ore di stop. Citius, altius, fortius, insieme e? in guerra. In fondo il motto venne introdotto cento anni fa proprio ai Giochi di Parigi. È la sede giusta per aggiornarlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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