Altro che "caso Ruby", così fan tutti... Minorenni fermati e non spediti in comunità

L’affido della marocchina non è un’eccezione. Lo rivela una relazione depositata in Procura. Anche la Fiorillo, che insorse contro il premier, ha fatto uscire nove giovani senza spedirli in comunità. A Milano in caso di fermo lasciare andare i ragazzi è frequente

Altro che "caso Ruby", così fan tutti... 
Minorenni fermati e non spediti in comunità

Gian Marco Chiocci - Enrico Lagattolla

Milano - Una serata, due versioni. Ci sono un verbale di polizia e le parole di un magistrato. Cosa accade la notte in cui Ruby Rubacuori - al secolo Karima el Mahroug - esce dalla questura di Milano? «Informato il pm di turno per minori dottoressa Fiorillo», mettono a verbale gli agenti, Ruby «veniva affidata alla signora Minetti Nicole, in qualità di persona incaricata e con l’avvertimento di tenere la minore a disposizione del pm e di vigilare sul comportamento della stessa». La seconda è della stessa Annamaria Fiorillo, davanti a taccuini e telecamere. «Mai autorizzato l’affidamento». Che poi, è anche su questo che si è scatenata la bufera. Dal particolare al generale. Qual è la prassi adottata dai magistrati minorili nei casi simili? Se lo sono chiesti anche i pm che indagano sull’affaire Ruby. Con la richiesta di un «prospetto relativo ai dati trasmessi dal Questura di Milano in merito alla trattazione di minori da affidare nel periodo gennaio-settembre 2010», allegata agli atti dell’inchiesta depositati nei giorni scorsi. In pratica, si intuisce che il pool di Milano voglia capire se il caso di Karima sia un’eccezione o meno. Risultato, non lo è.

La questura, infatti, fornisce questa sintesi. «Nello schema - si legge nella relazione - sono stati inserite le seguenti tipologie di dati: anagrafica (cognome, data di nascita, etnia, sesso, identificazione documentale), controllo di polizia (data, ora, motivo), avviso al pm (nome e ora), affidamento o rilascio (data e ora, esito - affidamento a parenti, estranei, comunità o rilascio), note sugli affidamenti (fotosegnalamento, persone o enti affidatari, precedenti affidamenti)». I dati: su 333 interventi in totale a carico di minorenni, 246 sono i «casi di affidamento a comunità di accoglienza o parenti (ascendenti, coniuge, cugini, zii)», 30 gli «interventi con insufficiente documentazione», 7 i «casi di rilascio a persone diverse», e 50 i «casi di rilascio a seguito di identificazione su disposizione del pm della procura dei minori». Insomma, decine di volte il minore entrato in questura se ne esce dalla porta principale da solo o non affidato a un familiare, senza che il magistrato opponga particolare resistenze. Ed è successo anche a lei. Al pm Fiorillo. E più di una volta.
Da gennaio a settembre del 2010, infatti, il magistrato minorile - secondo quanto riassunto dalla questura - ha firmato nove volte un «rilascio senza affidamento».

Sono storie che si assomigliano tutte. Ragazzi e ragazze, per lo più stranieri ma anche italiani, classe ’92-’93-’94. Fermati per furtarelli e borseggi. Tra i tanti casi: due romeni - uno di 12, l’altro di 14 anni - pizzicati dalla polizia a «derubare i passeggeri nelle stazioni di Famagosta, Romolo, Porta Genova, Sant’Agostino». «In merito - si legge nell’annotazione di polizia - il pm disponeva: trasmissione degli atti nei termini di legge e dopo gli accertamenti di rito il rilascio degli stessi il prima possibile». Fuori. Ancora, due ragazze di 20 e 16 anni, fermate il 16 marzo 2010 per un furto in un grande magazzino. «Il personale della terza sezione Upg contattava il pm dei minori nella persona della dottoressa Fiorillo Annamaria, la quale disponeva il rilascio della minore». Infine, il 9 settembre Fiorillo affida una ragazzina straniera di 15 anni - G.S. nata in Bosnia nell’agosto del 1995 - a «persona estranea». Non ai genitori, dunque, né ad altri parenti.

La prassi seguita con Ruby, dunque, non è poi così inconsueta. Perché come la Fiorillo fanno anche gli altri colleghi del tribunale per i minori. Eppure, dalla notte del 27 maggio in poi, si scatena il cortocircuito. La telefonata del premier Silvio Berlusconi, l’arrivo in questura di Nicole Minetti, il «rimpallo» di responsabilità tra funzionari di polizia e il magistrato minorile, fino allo scontro con il ministro dell’Interno Roberto Maroni, accusato dalla Fiorillo di aver «calpestato la legalità e la giustizia» nel definire «corretto ed equilibrato» l’operato della questura.

E chissà come sarebbe andata a finire, se Annamaria Fiorillo avesse fatto come la sua collega, il sostituto procuratore Sarah Gravagnola. Che il 23 giugno del 2010, alle 6 di sera, davanti a un ragazzino straniero di 16 anni, optò per una soluzione singolare. «Affidamento: a se stesso».

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