Altro colpo a Verdini: commissariata la banca

Il Tesoro accoglie il rapporto Bankitalia sull’ispezione al Credito fiorentino, già presieduto dal coordinatore Pdl: bilanci abbelliti. L’istituto replica: "Conti in ordine". Nella deposizione fiume il politico ribadisce la sua estraneità alla presunta loggia segreta

Roma L’ultimo affondo arriva da Bankitalia. Cinque righe di comunicato stampa per an­nunciare che in seguito al­l’ispezione, avviata a marzo scorso, negli uffici del Credito cooperativo fiorentino, la ban­ca della quale fino a pochi gior­ni fa Denis Verdini era presi­dente, verrà commissariata. La firma sulla procedura di amministrazione straordina­ria del ministro dell’Econo­mia Giulio Tremonti è arriva­ta in serata. Al Tesoro la Banca d’Italia aveva spedito lo scor­so 20 luglio la delibera, appro­vata all’unanimità, sul rappor­to dei suoi 007. Il collegio sin­dacale della banca toscana ie­ri ha ribadito in una nota «la bontà e sicurezza della situa­zione patrimoniale». La mossa della banca centra­le italiana è l’ennesimo effetto della bufera giudiziaria che sta colpendo il coordinatore del Pdl Denis Verdini, reduce dalle nove ore di interrogato­rio nelle quali, lunedì scorso, ha messo a verbale la sua ver­sione con gli inquirenti che lo ritengono coinvolto nell’affai­re eolico e nella presunta log­getta dei «Carbonari». Ma la decisione di Bankitalia c’en­tra poco con l’inchiesta roma­na che rievoca la massoneria. Quell’ispezione, che avreb­be rivelato tra l’altro «abbelli­menti di bilancio » per nascon­dere l’eccessiva esposizione della banca di Verdini nei con­fronti dell’impresa di costru­zioni Btp di Riccardo Fusi, se­guì di poco il disvelamento di un’altra inchiesta. Quella av­viata dalla procura di Firenze per indagare sul sistema di ap­palti per «grandi eventi» e G8, secondo gli inquirenti pilotati e assegnati a una ristretta lista di imprese (tra cui quelle di Diego Anemone) da una «cric­ca » che, per i pm, avrebbe fat­to capo al dipartimento della Ferratella, all’ex presidente del Consiglio superiore dei la­vori pubblici Angelo Balducci e ad altri dirigenti e funziona­ri, tra i quali Fabio De Santis e Mauro Della Giovampaola. In quel fascicolo Verdini è indagato per corruzione (avrebbe caldeggiato la nomi­na di Fab­io De Santis a provve­ditore per la Toscana con il mi­nistro Altero Matteoli, e «rac­comandato » Fusi e la sua im­presa per ottenere lavori) e, co­me si è saputo solo negli ulti­mi giorni, anche per menda­cio bancario. Un’ipotesi di rea­to, quest’ultima, relativa pro­bab­ilmente proprio ai rappor­ti di credito in essere tra la ban­ca di Verdini e il gruppo Btp di Fusi, che per ottenere i finan­ziamenti (che impegnavano una quota significativa del pa­trimonio totale della banca) avrebbe presentato documen­tazione non veritiera. La nuova grana piovuta da Bankitalia è stata però in un certo senso «anticipata» dalle dimissioni di Verdini dalla presidenza dell’istituto di cre­dito, seguite poco dopo da quelle dell’intero Cda della banca. Una decisione che semplifica gli accertamenti e stoppa il sospetto che, nelle more di ispezioni e indagini, Verdini possa inquinare le prove. Di certo è un’altra tegola, che arriva due giorni dopo l’in­­terrogatorio con il quale il co­ordinatore del Pdl riteneva di aver messo in chiaro la sua estraneità dall’inchiesta sulla presunta associazione segre­ta capeggiata da Flavio Carbo­ni, anche se i pm romani avrebbero trovato «troppo ge­neriche » e «poco convincen­ti » le sue argomentazioni. Co­me hanno spiegato ieri i suoi legali, Verdini rispetto alla contestazione di far parte del­la cosiddetta «P3» avrebbe ta­gliato corto, spiegando di non aver mai partecipato a «qualsi­asi società, segreta o pubbli­ca ». Per i pm, la «loggetta» avrebbe premuto per nomina­re titolari «graditi» al vertice di uffici giudiziari, tentato di in­fluenzare la decisione della Consulta sul Lodo Alfano, cer­cato di intervenire sui ricorsi contro la richiesta d’arresto per Nicola Cosentino e contro l’esclusione della lista Formi­goni dalle Regionali in Lom­bardia e prodotto un dossier per screditare Stefano Caldo­ro. E di questi temi si sarebbe parlato in tre incontri organiz­zati nella casa romana di Ver­dini. Che ha smentito un suo ruolo in una qualsiasi di que­ste vicende, ammettendo solo di essere stato a conoscenza dell’esistenza di un dossier contro Caldoro, ma di ignora­re il complotto. Quanto agli incontri nel suo appartamento, Verdini ha det­to che non erano vertici, ma so­lo ricevimenti conviviali tra centinaia organizzati nella sua casa.

Dopo aver conferma­to che quelle transazioni ban­carie erano relative a operazio­ni collegate alla società editri­ce di cui è socio, Verdini ha mi­nimizzato anche il ruolo nel business dell’eolico,e smenti­to il governatore sardo Ugo Cappellacci che gli attribui­sce una «raccomandazione» per la nomina all’Arpas di Ignazio Farris. Nomina co­munque inutile: l’Agenzia per l’ambiente non aveva dele­ghe per l’eolico.

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