Anagnina, il supermarket dei «vu’ cumprà»

Anagnina, il supermarket dei «vu’ cumprà»

L’Anagnina come Rabat o Dhaka. Dal cortile interno alla stazione della metro fino al sottopasso della via Tuscolana si snoda per circa 300 metri, senza quasi soluzione di continuità, un vero e proprio suk suburbano, contornato di giacigli, cumuli di bottiglie, buste di plastica ed escrementi. In questa casbah di bancarelle dove, nel segno dell’abusivismo e dell’irregolarità, convivono etnìe di tre continenti, si tinge di ridicolo l’ultimo sogno di Veltroni: quello di dipingere di uno stesso colore i banchi degli ambulanti in regola, per facilitare il lavoro dei vigili urbani.
Una barzelletta in questa area di extraterritorialità commerciale che resiste agli sporadici controlli della municipale e prospera e si moltiplica da anni senza regole né leggi. «Quelli su questo lato sono tutti abusivi», spiega Mohammed, 35 anni, marocchino, venditore di borse e trolley, indicando la sfilza di almeno cinquanta teli di «vu’ cumprà» che si fondono l’uno con l’altro, proprio davanti ai capolinea dei bus 504, 551, 55 notturno e Ma2. «I banchi con l’ombrellone, invece, hanno tutti la licenza. Ma comunque siamo tutti bravi ragazzi, abusivi e non. Non ci ubriachiamo né spacciamo droga e abbiamo una casa regolare. Veniamo da Cave tutti i giorni».
Sarà. Ma al di là della strada, nel sottopasso della via Tuscolana, un gruppo di nordafricani pernotta e bivacca tutti i giorni. Le entrate delle recinzioni fatte installare dal Comune per impedire l’accesso ai senzatetto sono state forzate e addossate ai pilastri di cemento si succedono le grandi buste dove i «vu’ cumprà» raccolgono la loro miserabile mercanzia, i bidoni per l’acqua e le cassette che fungono da ripostigli. Le reti metalliche, che nelle intenzioni del Comune dovevano tenere lontani gli abusivi, sono utilizzate come espositori dai nordafricani che vi appendono borse, cappellini e blue jeans. Il passaggio sotto il viadotto ora è reso strettissimo e angusto anche dagli antistanti banchi «volanti» (i teli da tirar via al primo apparire dei vigili urbani) di scarpe, occhiali e costumi da bagno. «Sotto il ponte ci dormono in 15, tra la roba che vendono - spiega Qattor, 42 anni, che aspetta i suoi clienti seduto sotto un albero, circondato da bottiglie vuote di Coca-Cola e dalle buste per riporre le scarpe cinesi -, sono marocchini come me, ma io ho la casa dove dormire».
Quasi tutti i marocchini sono abusivi e hanno i banchi «volanti». Dirimpetto a loro, una ventina di banchi gestiti da bengalesi. Le due etnie extracomunitarie convivono pacificamente. Gli unici europei, i romeni, si sono ritagliati uno spazio davanti ai capolinea dei bus 506 e 046. Un gruppo di loro siede sotto un albero mangiando semi di girasole, mentre tre ragazze offrono sigarette di contrabbando: «Un euro e 10, in tabacchi costa 3 e 50!». Quando occorre, un uomo le chiama dietro l’albero e le rifornisce di stecche. Qui ronzano attorno ai clienti del mercato, quasi tutti stranieri, anche delle zingare, mentre i loro uomini se ne stanno buttati contro il prefabbricato della Trambus. «Io lavoro qui da due anni, ma questo mercato c’è da molto prima - spiega il responsabile Trambus dei capolinea -.

È fuori norma perché ostacolerebbe l’uscita di viaggiatori della metro in caso di emergenza. Tra l’altro, quando la stazione chiude e il mercato trasloca, frotte di ratti sciamano tra le aiuole. Abbiamo segnalato più volte il fatto a Trambus, ma i topi sono sempre là!».

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