C'è una persona che ieri ha sperato fino in fondo che tutto andasse male per gli azzurri. Che dopo due pali presi e un dominio pressoché assoluto sul piano del gioco, arrivasse la doccia fredda inglese, in contropiede, magari all'ultimo minuto. Oppure che, ai rigori, il portiere britannico Hart si trasformasse nell'uomo di gomma dei Fantastici 4, in grado di allungarsi superando ogni legge fisica e parando di tutto. Per contro che Buffon diventasse un colabrodo e, inciampando su qualche zolla, si lasciasse infilare dai rigoristi di Sua Maestà. Ma l'Italia ha vinto, rendendo vane le super gufate di Marco Travaglio. Sì, proprio lui, il vice direttore del Fatto Quotidiano, che da giorni va dicendo, ogni volta che gli si presenta l'occasione, di tifare contro gli azzurri.
Lo ha svelato qualche giorno fa, ai microfoni di Radio2, nel corso del programma "Un giorno da pecora": "Io non tifo Italia, tifo Germania, raramente tifo per gli azzurri. L'ho fatto quando c'era l'Italia di Bearzot, quella di Zoff o di Trapattoni. Tifo più spesso contro l’Italia, soprattutto a questi europei, in cui se dovessimo vincere ci dimenticheremmo subito dello scandalo scommesse, come nel 2006 ai mondiali. Insomma, spero che l’Italia venga eliminata subito, immediatamente". E l'ha ripetuto ieri, rispondendo a una domanda di Maria Latella su Sky.
Per carità, ognuno è libero di tifare chi vuole. Resta il fatto che il tifo sportivo dovrebbe essere prima di tutto per qualcuno e poi, ma solo in seconda battuta, contro gli avversari. Bisogna ammettere che nel calcio è ammesso tutto. Anche il tifo contro. Di solito si manifesta per le squadre di club. Esempio: se il Milan gioca la finale di Champions League difficilmente un tifoso dell'Inter o della Juventus tiferà per i rossoneri. E viceversa. Chi dice di "stare per tutte le squadre italiane che giocano in coppa" non è un vero tifoso. E' una regola non scritta del calcio.
Quando gioca la nazionale il discorso è diverso. Lì subentra il sentimento patriottico, quel sentirsi "fratelli d'Italia" cantato nell'Inno di Mameli fa venire i brividi, al di là della retorica, anche se si tratta solo di una partita di pallone. "Forza Croazia, Forza Irlanda e forza qualunque squadra giochi contro l'Italia", ha detto Travaglio qualche giorno fa. Fino ad ora per fortuna il suo tifo ha portato bene agli azzurri.
Travaglio è come i leghisti
Sono stati quelli della Lega Nord i primi a tifare contro l'Italia, in modo sfacciato (cioè ostentato). Nel 2006 lo fece l'allora direttore della Padania Gianluigi Paragone, e tutti i militanti in camicia verde furono ben lieti di seguirne l'esempio per dare contro al sentimento di italianità. C'era chi si inventeva il tifo per qualche altra nazionale (il Brasile per il suo "calcio-samba", oppure una squadra africana). Oppure chi adottava un'europea o un'asiatica. La costante del tifo in salsa padana era questa: gufare contro l'Italia. Musi lunghi a non finire il 9 luglio 2006, quando capitan Cannavaro alzò al cielo di Berlino la Coppa del Mondo (la quarta nella storia del calcio azzurro). Alla fine, tutto sommato, fu contento anche Paragone. Ma non i leghisti duri e puri, quelli che toglievano il volume quando dalla tv uscivano le note di Fratelli d'Italia... rimettendolo quando, invece, suonava l'inno tedesco. Oppure quelli che, vedendo appeso su un muro il poster di Cannavaro con la coppa in mano, si premuravano di capovolgerlo per ostentare la propria antitalianità.
Oggi Travaglio ci ricorda i leghisti del 2006.
Lui tifa contro ma l'Italia vince (almeno per ora). Con tutto il cuore facciamo un appello al vicedirettore del Fatto: continui a tifare contro. Anzi, se può, lo faccia con maggiore convinzione. Se tutto va bene un intero Paese gliene sarà grato.
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