Apre il nuovo atelier Zegna e i capi sono cuciti su misura

Ecco il primo «bespoke»: 70 ore e 200 passaggi sartoriali per un abito. Revival di un rito antico

La differenza fra bespoke e su misura quando parliamo di abbigliamento maschile sta nella quantità di ore richieste per realizzare un abito: nel primo caso ce ne vogliono oltre settanta (sono 150 i pezzi che lo compongono e ci vogliono oltre 200 passaggi sartoriali per assemblarli) e nel secondo solo otto. Insomma il su misura all'ennesima potenza diventa bespoke, un servizio esclusivo cucito addosso al cliente da maestri sarti sempre più introvabili.

Per l'apertura del primo Bespoke Atelier di Ermenegildo Zegna a Milano sono arrivati sei fuoriclasse di ago e forbici capitanati da Mario e Angelo Pecora che hanno chiuso la loro storica sartoria di Piazza San Babila per dar lustro alla nuova cattedrale del lusso sibaritico del gruppo di Trivero. Il loro savoir faire è infatti la dote che i sarti hanno portato per dar vita a questo nuovo progetto del gruppo Zegna - 1,26 miliardi di euro di fatturato - messo in opera nel magnifico appartamento all'ultimo piano di una palazzina al numero 26 di via Bigli, a côté della boutique monomarca di via Montenapoleone. L'ingresso, per la più totale discrezione, è riservato e autonomo. «Pensavamo di destinare questo attico di cento metri quadri alla nostra famiglia. Invece abbiamo deciso di realizzare un progetto cui tenevo tantissimo» spiega l'amministratore delegato Gildo Zegna da primo cliente di questa sartoria del terzo millennio sottolineando come nella moda si stia correndo troppo e che sia giunto il momento di concedersi l'attesa di tre mesi per avere un abito perfetto e allo stesso tempo intessuto d'emozioni. Del resto chi altri poteva aprire un atelier bespoke se non l'azienda italiana che è bespoke dalla pecora fino alle scarpe? Per quest'occasione è stata attrezzata negli stabilimenti di Trivero una batteria di dieci telai a pinza degli anni Cinquanta armati per poter produrre, con estrema lentezza, tessuti bespoke in tagli da quattro metri. Ma non è tutto perché i fortunati clienti che possono spendere anche fino a dieci mila euro per farsi cucire addosso un completo in un tessuto scelto fra quelli, oltre mille, custoditi in archivio e farsi tessere nella cimosa il proprio nome, è anche quello che esige vestibilità e creatività pensati da un designer di alto profilo. «C'è un mercato incredibile di persone che non trovano nell'offerta normale la taglia, il gusto, la sapienza nell'assemblaggio dei capi» spiega il nuovo direttore creativo del gruppo, Alessandro Sartori, un uomo raffinato e innamorato dell'antico rito della sartoria visto sotto la lente d'ingrandimento dell'innovazione e della ricerca.

In atelier il ritmo torna lento, le prove da fare sono almeno quattro, la cura di ogni passaggio è estrema e si può persino pensare di farsi realizzare non solo il bomber o i pantaloni da jogging in puro cashmere ma anche la tuta da ginnastica bespoke (dai 1500 euro in su) oltre alla camicia (dai 500 euro in su).

Insomma l'ultima frontiera del lusso, o meglio quella modernità artigianale che tanto piace a Sartori - previsto anche che i sarti possano raggiungere clienti speciali in qualsiasi parte del mondo e che lui personalmente possa dare consigli - va in scena in un ambiente che per eleganza non è da meno al sevizio offerto: console di Pietro Russo, poltrone di Ignazio Gardella, sedie di Ico Parisi e armadi di Massimiliano Locatelli, lampade di Joe Colombo e alcuni pezzi che arrivano direttamente dall'archivio di Trivero fanno pensare a una Milano degli anni Cinquanta e ai suoi grandi architetti, da Giò Ponti a Luigi Caccia Dominioni passando per Alberto Portaluppi.

LSer

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