Una rara statua di Ercole, risalente al secondo secolo dopo Cristo, di «straordinaria qualità artistica», è stata scoperta da archeologi israeliani durante scavi condotti nella valle di Jezreel, vicino alla città di Afula, nel centro-nord di Israele. Lo ha annunciato il Dipartimento per le Antichità di Israele, precisando che si tratta di una statua di marmo bianco, alta mezzo metro.
Secondo Walid Atrash, che ha diretto gli scavi, si tratta di una statua di «straordinaria qualità artistica» che apparteneva ad antiche terme romane, in un sito denominato Horvat Tabernet, divenuto nel terzo secolo dopo Cristo un insediamento ebraico menzionato nel Talmud. «Ercole - ha detto l'archeologo - è esposto su un piedistallo. I suoi muscoli sono in evidenza, è appoggiato su una clava e dalla spalla sinistra pende la pelle di un leone».
La statua sarà esposta al pubblico dopo i necessari restauri.
Ercole, il cui culto era particolarmente diffuso nell'Italia romana dove era considerato la divinità protettrice dei commerci, dei traffici e degli incontri fra popoli diversi, era figlio di Zeus e di una fanciulla mortale di nome Alcmena. Un giorno, durante una delle sue imprese, Ercole e sua moglie Deianira dovevano attraversare un fiume tumultuoso. L'eroe lo attraversò, ma lasciò che la moglie fosse traghettata da un centauro battelliere, che tentò di rapirla. Ercole allora colpì il centauro con una delle frecce avvelenate col sangue dell'Idra. Il centauro morente si prese la sua vendetta offrendo a Deianira il proprio sangue, e convincendola che esso avrebbe costituito un potentissimo filtro d'amore che avrebbe reso Ercole fedele a lei per sempre. Un giorno Deianira ebbe il sospetto che il suo sposo fosse interessato a un'altra donna. Così, dette ad Ercole una camicia su cui aveva sparso un po' del sangue del centauro morente. Ovviamente il sangue era un potente veleno, dato che era stato contaminato dal sangue dell'Idra.
Quando Ercole indossò la camicia avvelenata, si compì la vendetta del centauro: cominciò a sentire le carni bruciargli in modo talmente insopportabile da preferire la morte.
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