Armani torna a fare il giovane "Così mi sento una rockstar"

Re Giorgio disegna una collezione Emporio ispirata alla Generazione Y: alla fine è standing ovation. D&G immaginano i cowboy all’europea

Armani torna a fare il giovane 
"Così mi sento una rockstar"

Milano - Il marketing delle emozioni è qualcosa che avvolge e coinvolge, la capacità di raccontare storie che si riverberano positivamente su aziende e persone. Nessuno conosce questa materia come Giorgio Armani e Dolce&Gabbana in passerella ieri a Milano Moda Uomo rispettivamente con le sfilate Emporio e D&G per l’estate 2010.

Il più famoso dei nostri stilisti ha costruito una collezione semplicemente perfetta partendo dalla cosiddetta «generazione Y», ovvero quei giovani tra 18 e 25 anni sempre connessi, quindi informatissimi, aggrappati alla rete intesa come web ma anche a cellulari e iPod. Individualisti, amanti del bello in tutte le sue forme, decisi ma di fondo timidi quando devono muoversi in un mondo che non è virtuale, questi «figli del disincanto» (come li definiscono i sociologi nell’omonimo saggio pubblicato da Bruno Mondadori) resteranno incantati da capi come il blazer-kimono o il pantalone tagliato in alto come un sarong e sotto dritto, affusolato, corto per mostrare la caviglia, nuovo punto di seduzione maschile.

Stavolta il tocco orientale, che è un must nello stile Armani, diventa ancor più sfumato e moderno, quasi un riferimento al progresso tecnologico di quei Paesi. I colori, pur appartenendo alla classica tavolozza del maestro, avevano qualcosa di diverso: bagliori luminosi su tortora, grigio e blu; contrasti forti dal bianco ottico all’arancio deciso dei blouson in pelle. Emozionante l’inizio della sfilata con la performance di Vittorio Brumotti, campione del mondo di bike trial, sceso in passerella con una bici «firmata» EA7, ovvero la parte più sportiva dell’Emporio. Commovente e dovuta la standing ovation del pubblico: un tifo da stadio proseguito nel backstage dove re Giorgio, pungente e spiritoso come non mai, ha commentato: «mi fate sentire una rockstar». Per Domenico e Stefano l’applauso è stato altrettanto sincero e meritato perché si deve sempre pensare a cosa c’è dietro al successo di una griffe: il lavoro di tanta gente e in termini di sistema-paese un concreto sostegno al prodotto interno lordo di cui la moda rappresenta il 6 per cento anche in tempi di crisi. Il magico duo ha saputo distillare dal jeans, l’indumento più venduto al mondo, nuove seduzioni, una gran prova di stile intorno alla figura del cosiddetto «brit Cowboy» (dici un inglese nella prateria e pensi a Beckham in giro per l’America) sintetizzato dalle pennellate blu effetto denim sul pullover a coste, dal taglio impeccabile dei pantaloni sdruciti, stinti e consumati anche sotto le giacche da smoking in velluto di seta color cognac, tortora o burgundy.

«Non c’è niente di più sexy del jeans come sbiadito dal sole e rovinato dal tempo abbinato con una bella giacca» dice saggiamente Ermanno Scervino che ha sempre proposto quest’immagine anche in tempi non sospetti, quando lo stonewashed era un trattamento conosciuto solo da pochi. Ma oltre a questo nella bella collezione dello stilista fiorentino d’adozione c’erano completi in tecno faille e un incredibile uso della rafia per costruire giacche, scarpe e borse. Del resto sulla passerella di Scervino il testosterone scorreva a fiumi anche grazie alla presenza di Felipe un modello brasiliano identico a Brad Pitt.

Su quella di DSquared, invece, si otteneva lo stesso effetto con la divertente idea del sexy boy scout al campeggio con le formiche ricamate sul costume da bagno e sulle camicie abbinate ai bermuda indossati sul long John, ovvero i leggins da uomo.

Alessando Sartori, designer della linea ZZegna, inventa la doppia giacca, un modello versatile in quanto sotto c’è la versione in tessuto da camicia indossabile anche a se stante come del resto la parte superiore in fresco di lana, lino, seta o chissà quali altri tessuti del Gruppo Zegna. Splendidi anche i pantaloni, affusolati come moda comanda. Meno convincenti, invece, gli accessori tipo la tuba in paglia e gli stivaletti bicolori effetto ghetta per costruire l’immagine del dandy da strada.

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