Attacco precoce all’artrite

«Una diagnosi tempestiva ed una terapia mirata neutralizzano le malattie reumatiche», afferma Adami

Ignazio Mormino

In Italia, le malattie reumatiche sono al secondo posto (come frequenza) dopo le malattie cardiovascolari e al primo tra le malattie cronico-degenerative. Ne soffrono oltre cinque milioni di italiani, con prevalenza femminile.
La malattia reumatica più temibile è certamente l’artrite reumatoide, che può portare a uno stato di invalidità permanente (in cinquanta casi su cento, tale invalidità si manifesta dopo dieci anni di malattia; ma la riduzione della possibilità di lavorare comincia molto prima, al quarto o quinto anno. Un’altra patologia, progressiva e dolorosa, è la spondilite anchilosante, che colpisce di solito soggetti di 30-50 anni, ma può manifestarsi anche nell’adolescenza.
L’artrosi, che porta alla distruzione delle cartilagini articolari ed alla deformazione ossea, è la più diffusa. Le sue localizzazioni sono l’anca, il ginocchio, la colonna vertebrale, le mani. L’artrosi è più frequente, e più grave, nel sesso femminile, come l’osteoporosi, che si manifesta a cavallo della menopausa e provoca ogni anno 90mila fratture della testa del femore, con immobilità.
Il recente congresso della Società italiana di reumatologia, svoltosi a Verona sotto la presidenza dei professori Silvano Adami e Lisa Bambara, ha ammonito gli italiani a non sottovalutare il dolore reumatico, attribuendolo qualche volta all’età avanzata, qualche altra al caso. «Una diagnosi precoce» hanno riconosciuto molti relatori, tra i quali il professor Stefano Bombardieri, presidente della Società, «può garantire nell’artrite reumatoide, che è la forma più dolorosa, una guarigione certa».
Purtroppo, l’Italia fa poco per i malati reumatici. Nei reparti di reumatologia degli ospedali pubblici possono essere ricoverati soltanto 313 pazienti, cui si possono aggiungere i duecento letti delle strutture di day-hospital. Tra le regioni che vantano un alto numero di malattie reumatiche la Lombardia e l’Abruzzo, l’ultima la Valle d’Aosta. Molto delicato il problema delle terapie. La paura dei coxib (farmaci anti-infiammatori non steroidei accusati di insidiare il cuore) forse sta passando. Il professor Adami ha detto parole rassicuranti: «Impiegati a bassi dosaggi e per un tempo limitato, in soggetti non esposti a rischi cardiovascolari, restano utilissimi». Per quanto,invece, riguarda le forme più severe delle malattie reumatiche, come l’artrite reumatoide, largo consenso è stato riscontrato per i nuovi farmaci «biologici». Secondo il professor Guido Valesini, dell’Università romana «la Sapienza», rappresentano un’autentica rivoluzione terapeutica.

Giudizio condiviso da un altro relatore, il professor Giovanni Lapadula, dell’Università di Bari, il quale ha voluto ricordare che un capostipite di questi farmaci (nome chimico: infliximab) «colpisce il principale responsabile dell’infiammazione (Tnf-alfa), bloccando così alla radice sia il processo infiammatorio, sia il danno articolare».

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