Attenti alla prossima invasione africana

Il più delle volte giovani, dondolanti e volentieri gigioni, i vari africani paiono in questi giorni di Natale più numerosi. Quelli ambulanti intenti a vendere cassette, ebani o borsette finte sono infatti moltiplicati dalle feste. E gli altri, che fanno gli operai o altri mestieri, vengono più di tutti gli altri stranieri trascinati per le strade o attirati dal luccichio degli ipermercati. E tuttavia il futuro ci riserva forse un ben altro incremento. Secondo John May, demografo della Banca Mondiale, l’Africa subsahariana che è oggi popolata da circa 750 milioni di abitanti, crescerà a 1,2 miliardi nel 2025, per avvicinarsi a 1,7 miliardi alla metà di questo secolo. Alcuni studiosi mostrano a riguardo soventemente un certo distacco. Considerato che tra il 1500 e il 1900 la popolazione africana è restata pressoché stazionaria, spiegano l’incremento con la freddezza di un inevitabile riaggiustamento matematico. Per noi invece già inquieti di vederci invasi dai movimenti di popoli presenti, la questione suona in tutt’altro modo. E ci impone anzitutto di capire che cosa stia accadendo.
Il fatto è che il calo del tasso di fecondità, del numero di figli per donna, in Africa non ha avuto ancora luogo. Asia e Stati del Sud America, e persino il Bangladesh si sono applicati per una politica di moderazione demografica. Nulla di tutto questo è avvenuto in Africa, Maghreb compreso, con l’eccezione della Tunisia. Risultato: nell’Africa subsahariana due persone su tre hanno meno di 25 anni. In Cina non sono che il 40% circa della popolazione, in Europa il 30%. In conclusione, il tanto paventato crollo della popolazione dell’Africa Nera per effetto dell’Aids non si sta verificando. Gli infetti stanno calando dal 9% della popolazione del 2001 al 6% del 2006. Tutt’al più, e solo in alcuni stati, la crescita della popolazione perciò si rallenterà. Ma secondo un altro esperto, Jean Pierre Guengant, in nessun Paese africano la popolazione diminuirà per via dell’Aids. L’effetto della pandemia è stato sopravvalutato. Espediente tra i tanti per inventare sigle, e ottenere prebende non poche volte ambigue, anzi nocive.
Con un certo ottimismo verrà forse ad alcuni lettori di pensare che in Africa c’è del resto tanto spazio. Vero, ma non ci sono in proporzione altrettante terre coltivabili come in Europa. Prendiamo il Niger, la sua popolazione potrebbe aumentare dai 15 milioni presenti a 50 milioni tra quarant’anni. Ma per quanto sia quattro volte circa l’Italia, solo il 15% delle sue terre sono coltivabili. Riproporzionata per le terre fertili la crescita della popolazione prevista diviene insomma inquietante. A meno di non pensare che nei decenni a venire l’Africa nera si muti in tanti poli tecnologici o finanziari in grado di competere e produrre, e importare beni necessari. Per ora più certo di questo evolvere dell’Africa in tante California o Singapore è comunque la crescita delle città. Sempre secondo i demografi intervistati nei giorni scorsi da un sempre più preoccupato giornalista francese, crescerà la popolazione urbana. Nel 1960 c’era una sola città sopra il milione di abitanti, oggi sono circa quaranta. E non è che ci si viva nella migliore delle maniere. Cosa accadrà nel 2030 quando i demografi prevedono che metà della popolazione vivrà nelle città almeno in ¾ di questi Stati? E il problema si palesa immane, è ovvio, pure del resto per l’Europa, e in particolare per quella latina, soprattutto per l’Italia. Si rischia il caos.

A meno di una crescita economica imponente che dovrebbe nei prossimi decenni raddoppiarsi, salire al 10% circa, e riaggiustare la crescita demografica. È un chiedere non poco. Ma siamo a Natale, meglio non pensarci.
Geminello Alvi

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