La sindrome italiana è la continuità nella medietà, in cui restiamo intrappolati: né capitomboli rovinosi nelle fasi recessive, né scalate eroiche nei cicli
positivi. Ma nasconde una insidia. Se il ceto medio si sfibra (i redditi sono inferiori del 7% rispetto a vent’anni fa) fermenta l’antioccidentalismo e si
incrina la fede nelle democrazie liberali, nell’europeismo e nell’atlantismo: il 66% degli italiani incolpa l’Occidente dei conflitti in corso e solo il 31% è
d’accordo con il richiamo della Nato sull’aumento delle spese militari. Intanto si infiamma la guerra delle identità sessuali, etnico-culturali, religiose, in lotta per il riconoscimento. Mentre è in atto una mutazione morfologica della nazione (l’Italia è prima in Europa per acquisizioni di cittadinanza: +112% in
dieci anni).
Cappella Sistina è stata affrescata da Giotto o da Leonardo. Ecco i conti che non tornano nel sistema-Italia: più lavoro e meno Pil, turismo su e industria
giù, carenza di personale e ipoteche sul welfare. Giovani: i disagiati e i salvati
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