L'assurda negazione del Natale non solo viene rivendicata, ma pure presentata come una conquista. Come una scelta necessaria per il raggiungimento di una società moderna e meno discriminatoria. Dall'Università europea di Fiesole insistono: "Verrà prestata attenzione a garantire che la celebrazione delle festività e degli eventi sia comunicata con un linguaggio inclusivo, riconoscendo le diverse religioni e credenze", ha spiegato al Quotidiano Nazionale la professoressa Costanza Hermanin, componente della commissione interna dell'istituto. Il che conferma la sconclusionatezza della decisione.
Il Santo Natale è infatti una ricorrenza cristiana e non si comprende quale sia il senso di svilirne i caratteri religiosi più identitari. "Nel caso della festa che ha scatenato tante polemiche, manterremo i canti di Natale, l'albero e il mercatino che si fanno da sempre, pur adattandola a ciò che fanno tutte le grandi realtà internazionali almeno nel nome", ha chiarito ancora la professoressa Hermanin, parlando di scelta ampiamente condivisa adottata con l'intenzione di "aprirsi verso il mondo e verso un'Europa non di élite sociali, ma di eccellenze accademiche di qualsiasi provenienza". Anche in questo caso, la circonlocuzione ci risulta di non facile comprensione.
Vorremmo capire cosa c'entrino le presunte élite sociali con una ricorrenza che - da sempre - parla al cuore di tutti e trasmette un messaggio di pace universale. Mantenere i canti, l'albero e il mercatino omettendo però la denominazione di Natale è peraltro un marchiano controsenso, visto che tutte quelle espressioni di festa sono legate alla celebrazione di cui l'università europea vuole sottacere il nome. Il senso della nuova festa d'inverno - ha spiegato ancora la professoressa - "è proprio l’attuazione dell'umanesimo planetario di Balducci (intellettuale cattolico, ndr), di un cattolicesimo che ha al centro la persona: la festa ha un nome che non esclude nessuno, anzi invita ognuno a parteciparvi, pur mantenendo al suo interno tradizioni forti legate al territorio e alla comunità d'origine".
Ora, è legittimo domandarsi cosa abbia di cattolico e di tradizionale un cattolicesimo che parla dell'uomo e non di Gesù Cristo, della sua nascita e del suo messaggio evangelico. Risposta semplice: nulla. "Finalmente c’è attenzione alla diversità e all’inclusività. Fortunatamente l'Istituto non è più un'organizzazione eurocentrica che accoglie esclusivamente élite tradizionali, ma un luogo che lascia spazio a progetti promossi da ricercatrici come la Decolonizing Initiative", ha proseguito ancora la professoressa Hermanin. E ancora: "Ci insegnava Umberto Eco che il soggetto comunicante attribuisce alla parola significati che vanno riportati al suo ambiente culturale, mentre chi riceve la comunicazione e non conosce quella prospettiva può interpretare la parola o il segno diversamente. Se predichiamo inclusione e tolleranza dobbiamo metterla in pratica a partire dalle parole". Ma l'errore di fondo è pensare che il Natale sia solo una parola come tante o una soggettiva esperienza culturale di qualcuno.
Secondo la docente dell'università di Fiesole, le polemiche sorte sul caso sarebbero strumentalizzazioni a fini politici. E invece la questione ci sembra sostanziale: cambiando i nomi alle cose, si modifica il loro significato.
Il Natale non è più Natale e, alla faccia dell'inclusività, diventa piuttosto una festa escludente. Nel senso che esclude dall'orizzonte l'unicità del messaggio cristiano nel nome di più generici valori relativisti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.