- Se fossi uno degli iscritti al sindacato, e per fortuna non lo sono, men che meno a quello dei giornalisti, dopo lo sciopero odierno di Landini&co mi chiederei: “Bene, siamo andati in piazza, abbiamo portato le bandiere e domani finiremo sui giornali. Ma nel merito dei nostri contratti, del nostro lavoro o dello stipendio, esattamente, cosa è cambiato?”. Risposta: niente. Perché migliaia di scioperi all’anno sono inutili e rendono lo strumento solo un modo per tenere vive associazioni prossime alla disgregazione.
- Il trionfo cinese sta tutto in questa frase: “Le aziende multinazionali (americane) hanno pagato 40mila dollari per avere un posto al tavolo del segretario generale comunista” Xi Jinping. Cioè: questo fonda il suo potere sull'ideologia comunista, l’antitesi del capitalismo, e poi quando va negli Usa i capitalisti (Apple, Pfizer, Boeing, Nike eccetera eccetera) sborsano 40 cucuzze, frutto del capitale, per poter brindare con lui. Mi sta sfuggendo qualcosa?
- È chiaro che Usa e Cina debbano parlarsi. E poco importa, da questo punto di vista, se Xi sia un dittatore o meno (domanda: si stava meglio con la Libia di Gheddafi o adesso?). È insomma preferibile far girare i soldi anziché le armi. Il problema, semmai, è che dopo la pandemia l’Occidente dovrebbe aver capito che trasformare la Cina in una grande fabbrica per i nostri giocattoli non è stata una grande idea: si finisce con l’ingrossare un rivale economico che oggi ti guarda da dietro ma domani chissà. La frase di Xi “la Terra è abbastanza grande per tutte e due le nostre nazioni” dovrebbe suonare come un campanello d’allarme. Significa che Pechino non intende fermarsi e che se ci riuscisse vorrebbe anche scalzare gli Usa dalla guida del mondo (almeno dalla metà orientale). Legittimo, sia chiaro. Ma altrettanto scontato è che quest’altra parte del Globo prenda le contromisure. Magari riducendo gli investimenti in Cina.
- Di cosa ha paura Elly Schlein? La decisione di non andare alla festa di FdI (Atreju) non è solo strana, ma anche incomprensibile. Dice bene Giorgia Meloni: "Un tempo Fausto Bertinotti non aveva timore a presentarsi e a dialogare, con l'orgoglio della diversità delle posizioni. Prendo atto che le cose sono cambiate". Eppure c'è un motivo se Elly non andrà, anzi più di uno. Ricordate quando Meloni venne invitata dalla Cgil? Venne contestata ma fece il suo discorso fino in fondo, dimostrando di saper padroneggiare la platea avversa e soprattutto di essere convinta delle proprie idee. Schlein non ha questa forza. Per nulla. Lo dimostrano i suoi interventi in parlamento mai indimenticabili, le interviste stentate, le proposte di legge debolucce. Elly sa che se si infila nella tana del lupo rischia di uscirne con le ossa rotte. Quindi scappa. Semplice.
- Non dirò qual è l’azienda. Però c’è una società che produce cemento, materiale tutto fuorché “green”, che da oggi cambia nome e si rifà il marchio con un bel colore verde. Vogliono “andare oltre il cemento, anche cambiando nome” nella speranza di trovare “materiali sicuri e rispettosi della natura”. Sono proprio curioso di sapere come faremo a costruire case “a zero emissioni” col cemento. Preparo i popcorn.
- Sull’argomento, vorrei far notare quanto riporta oggi Reuters. Un dossier firmato dal tink tank InfluenceMap fa sapere che diverse grandi aziende (il 60% delle 293 valutate) portano avanti azioni di lobbying in contrasto con gli impegni presi di ridurre le emissioni di carbonio. Mi spiego: le società con la mano destra si auto-pubblicizzano come green e attente alla transizione ecologica, e intanto con quella sinistra fanno pressioni sui governi contro le politiche verdi. Tradotto: greenwashing a gogo. E noi consumatori, cretini, ci caschiamo pure.
- Benché siano molto di sinistra, a me gli indipendentisti catalani sono sempre stati simpatici. Voglio dire: se l’Europa difende in tutto il mondo il diritto all’autodeterminazione dei popoli, non mi spiego per quale motivo il principio non debba valere in Spagna. Detto questo, Pedro Sanchez prima del voto aveva assicurato che non avrebbe mai concesso l’amnistia ai “secessionisti” e invece subito dopo le urne si è rimangiato la parola. Per brama di potere. Nessuno che osi dire, qui in Italia, che pur di formare un governo senza maggioranza ha svenduto le promesse elettorali e formato un’accozzaglia post-elettorale degna solo dell’armata bracaleone di Prodi.
- Oggi Landini ha detto: "C'è un attacco a 360 gradi. Ma anziché cambiare la Costituzione, la devono applicare. Quelli che oggi vogliono cambiarla, sono gli stessi che non hanno contribuito a costruirla”. Primo: non è vero che a cambiarla sono “quelli che non hanno contribuito a costruirla”, visto che parliamo di 75 anni fa e Giorgia Meloni ancora manco era nata. Secondo: mi fa sorridere l’idea che Landini chieda di “applicare la Costituzione”. Sapete perché? Perché l’unico articolo mai applicato della Carta è l'art. 39, ovvero quello che riguarda i sindacati. Sta scritto sul sito del ministero del Lavoro: “Il sistema previsto dall'art. 39 non ha mai trovato applicazione nel nostro ordinamento giuridico, in quanto non è stata mai emanata la legge ordinaria di attuazione. Il principale ostacolo sarebbe costituito dal necessario controllo governativo, richiesto dal sistema costituzionale, sia riguardo alla struttura interna, che agli iscritti e alla loro consistenza numerica". Chiaro? La norma non è mai stata attuata perché i sindacati preferiscono continuare ad agire così. E fanno pure la morale?
- Corrado Augias a giugno assicura di voler rimanere nella “nuova Rai” meloniana. Poi a novembre gli offrono un contratto a La7, accetta e rilascia un’intervista per insultare viale Mazzini dove lavora “gente che non mi piace”, dove regnano “l’improvvisazione” e “i favoritismi”.
E oggi che succede? Che la Rai, “con tono cortese”, gli chiede di ripensarci e di portare avanti il programma. Se volevate un esempio della sudditanza culturale, eccovi serviti: Augias insulta la Rai e la Rai se lo ripiglia. C’è del masochismo per caso?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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