- Cantone sul caso dossier ha detto tante cose, tutte tremendamente importanti. Intanto gli accessi del finanziere al sistema sono un numero infinito, oltre 10mila, con 33mila file scaricati e che chissà dove sono finiti. Il pm ha parlato di “informazioni vendute sottobanco”, di “vermicaio inquietante”, di “numeri mostruosi” e fianco del pericolo che certi documenti coperti da segreto siano finiti nelle mani di un qualche servizio segreto straniero. Qui le domande sono due: se non vi erano “finalità economiche”, come assicurato da Cantone, perché Striano avrebbe realizzato tutti quegli accessi guarda caso rivolti soprattutto a esponenti di destra? Questioni politiche? E come è possibile che un ufficio importante come la Dna si sia fatta fregare così facilmente per due anni?
- Se diamo per scontato, e non lo è, che Striano abbia agito da solo e senza mandanti, occorre comunque capire chi (o cosa) abbia reso così debole la sicurezza di un cervellone capace di immagazzinare la vita privata dei cittadini. Viviamo infatti il paradosso per cui ad ogni nuovo sito internet che apriamo siamo costretti “per motivi di privacy” ad autorizzare migliaia “cookies”, e intanto lo Stato si fa infinocchiare lasciando alla mercé di un finanziere infedele informazioni ben più importanti e segrete. Non ha senso.
- Sulle lamentele dei colleghi del Domani (e non solo) per una presunta violazione della libertà di stampa da parte dei pm, che hanno messo sotto indagine quattro cronisti, la parola definitiva la scrive lo stesso Cantone. Il procuratore fa notare che in questo caso ad essere contestato non è il passaggio di “atti pubblici” da un funzionario a un giornalista, deprecabile ma non punibile penalmente; bensì il fatto che la ricerca nei sistemi della Dna fosse “commissionata dalla stampa”. E questo, come dicevamo nei giorni scorsi, cambia tutto: il cronista è tenuto a pubblicare tutto ciò che riceve, ma non deve e non può chiedere a un ladro di intromettersi in casa di un politico per carpirne documenti segreti.
- Dà una certa soddisfazione vedere certi colleghi indagati. Non perché uno goda delle disgrazie altrui, sia chiaro, ma perché il polverone pone tanti giustizialisti di fronte alle loro contraddizioni. Se in Italia vi fosse un minimo di cultura giuridica, sapremmo tutti che risultare “indagati” non vuol dire essere “colpevoli” ma solo trovarsi di fronte ad ipotesi di reato che il pm deve ancora provare e che possono anche essere smentite. Oggi i giustizialisti sbraitano scandalizzati e urlano all'attacco alla libertà di stampa perché sono vittime del loro stessa equazione (indagato=colpevole): ben gli sta.
- Ursula von der Leyen sarà la prossima candidata del Ppe alla guida della commissione. I delegati hanno votato, ma di 801 aventi diritto solo 489 hanno espresso la loro preferenza. Gli altri o sono partiti prima o hanno preferito evitare di esprimersi, il che fa riflettere e crea qualche imbarazzo. Evidentemente nel Partito Popolare Europeo l’idea di ri-affidare alla regina del Green Deal le redini della Commissione non entusiasma poi così tanto.
- Chiara Ferragni è libera di ritenersi “denigrata” o diffamata da una copertina “lesiva” della sua immagine e, se ritiene, può presentare querela. Però mi spieghi, cara Ferragni: cosa diavolo c’entra “il giorno in cui la donna deve essere celebrata” con la sua faccia "travesTita" da Joker? Voglio dire: una vignetta di quel tipo o non va bene per nessuno, donne o maschi che siano, oppure vale per tutti, signorine incluse. Non puoi buttarla di nuovo sul femminismo cercando di sfruttare il fatto che domani sarà la festa della donna. È patetico.
- E poi, L’Espresso ti prende di mira non perché di rosa vestita, ma perché imprenditrice al centro del dibattito pubblico. Può piacere o no, ma non tutta la stampa sarà carina e coccolosa con te come lo è stato Fabio Fazio. Inutile fare la vittima: sei una donna di potere, capace di trainare milioni di persone e che ha cercato di "influenzare" il dibattito pubblico anche in campi vicini alla politica (aborto, elezioni, femminismo). Occorre prendersi oneri e onori di certe scelte: dopo shooting di ogni tipo, non puoi frignare alla prima copertina negativa.
- Sul giornalismo mi sia però permessa una riflessione. Se infatti l’influencer impersona il pagliaccio, la stampa progressista si cala nel ruolo dello sciacallo. Perché Sua Santità Ferragni fino a qualche mese fa era praticamente intoccabile, andava a Sanremo e veniva lodata a nove colonne, e guai a indagare sul “lato oscuro” delle sue aziende. Adesso tutti corrono dietro all'Espresso. La mannaia arriva oggi che la reginetta vacilla, non quando veleggiava all'apice del successo. Troppo facile.
- Ps: non ho visto la stessa indignazione unanime quando L’Espresso paragonava Soumahoro e Salvini scrivendo “uomini e no”.
- State a sentire Tito Boeri. "L'idrovora" del superbonus, ha detto, "ha portato via ai conti pubblici dello Stato qualcosa come il 140 miliardi, secondo le ultime stime" e "lascerà su di noi un'eredità molto pesante e ci impedirà, in futuro, di fare tante di quelle operazioni che sarebbero state importanti”.
Con chi dobbiamo prendercela? "Le colpe iniziali sono targate M5s, con il primo e secondo governo Conte", tuttavia "c'era anche chi avrebbe potuto intervenire e non lo ha fatto, forse distratto dal Pnrr”. Leggi Draghi. Rendiamo grazie ai due grandi leader (si fa per dire).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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