Ammetto che, come scrive «V!» , anche per me questa rubrica ha vagamente qualcosa in comune al setting psicoanalitico (non perché ci sia passato ma sono figlio di una «strizzacervelli»). Se «in amore valetutto», come dice il titolo della rubrica, in amicizia «valemeno»? Non penso. Sono un ragazzo 21enne sognatore che crede nell’amicizia. Mi permetta però di sottolineare un dettaglio: lei gentilissima dott. Braghieri, ammette di aver sempre avuto molti amici «maschi» ma sarà anche consapevole che nello splendido universo femminino rappresenta una rara eccezione. Il discorso è lungo e scivoloso ed è difficile addentrarsi in quella giungla intricata: da una parte c’è il tipico «uomo che non deve chiedere mai» come recitava uno spot dello scorso secolo, l’uomo-cacciatore per il quale ogni lasciata è persa come hanno commentato molti lettori. Dall’altro versante la donna che pensa che l’uomo – sotto le mentite spoglie di amico – «ce sta’ a prova’». Risultato: la donna alza la guardia e non si fida. C’è una frase usata da voi donne e fraintesa da noi maschietti: «ti vedo come amico!» spesso percepita come un «due di picche». Per me invece quella è la frase che esprime il sentimento più sublime che si possa provare: l’amicizia! Perché l’amico non ha fini mentre chi ci prova ha sempre uno... scopo! (e sì, il gioco di parole è voluto).
Alex
Per carità, niente da eccepire, caro Alex. Sa già quanto apprezzi i suoi ventunanni saggi ed educati (raccontati nella prima missiva e chiosati da moltissimi lettori). E come giustamente mi ricorda, sa anche che nella mia vita ho avuto, e ho tuttora, molti amici dell’altro sesso. Credo che l’amicizia sia un sentimento quasi epico e lo penso ogni volta che osservo mio figlio (unico) quindicenne con i suoi «fratelli per scelta». Ma converrà con me che si tratti di qualcosa di sublime solo fino a quando entrambe le parti in causa si vivono allo stesso modo. Le auguro di continuare a non trovarsi (evidentemente non le è mai capitato) innamorato di una donna che la considera «solo» un amico. Non perché sia un’esclusività che «valemeno» ma perché, in quel caso, può trasformarsi nella più frustrante delle condizioni.
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