Il fucile, il sequestro, i 650 milioni di lire. Così l'Anonima Sarda rapì De André e Dori Ghezzi

Nell'estate del 1979 Fabrizio De André e Dori Ghezzi finirono nelle mani dell'Anonima Sarda, che rapì e tenne in ostaggio la coppia per quasi quattro mesi fino al pagamento del riscatto di 650 milioni di lire

Dori Ghezzi  e Fabrizio De André dopo il rilascio
Dori Ghezzi e Fabrizio De André dopo il rilascio

Fabrizio De André è uno dei cantautori di maggior successo del Paese. Grazie alle sue creazioni ha incantato una generazione di italiani, che insieme a lui sognano e sospirano sui turbamenti e le bellezze della vita. Dal 1974 ha iniziato una frequentazione molto importante con Dori Ghezzi, una cantante in rampa di lancio e che diventerà sua moglie nel 1989. Nel frattempo, l'artista genovese, a partire dal 1968, ha scoperto una terra attraente e selvaggia: la Sardegna. Anche lui viene colpito in mezzo al petto da quello che viene chiamato "male dei sardi", una sorta di irrefrenebile desiderio di vivere in quell'isola tanto ammantata di bellezza quanto fuori dall'ordinario. Quando la relazione tra De André e Dori Ghezzi diventa indissolubile, i due decidono di lasciare Genova per stabilirsi nella bella Sardegna del nord, fuori dalle rotte turistiche che si affacciano prepotenti sulla costa orientale. L'avamposto scelto dalla coppia è in Gallura, nella zona di Tempio-Pausania. De André acquista 51 ettari di terra, più tre appezzamenti, uno dei quali è chiamato l'Agnata. Un posto magnifico, un insediamento rurale detto "stazzo" circondato da lecci e querce. Qui la vita sembra scorrere placida e felice, almeno fino al 27 agosto del 1979.

Il rapimento di De André e Dori Ghezzi

Quel 27 agosto del 1979 sembra una giornata come tante, spensierate e allegra. La natura canta e il calore della famiglia cuce intorno a De André e alla sua amata uno scenario idilliaco. Alle 20 però la musica si interrompe. I genitori di Dori portano via la piccola Luvi, la figlia di due anni nata dalla coppia di cantanti, poi abbandonano la dimora anche la sorella di lei, il cognato, i figli e altri amici. In poco tempo la casa si svuota. Alle 23, Fabrizio e Dori si apprestano ad andare a letto, a riposare le membra dopo una giornata serena.

Un rumore brusco però rompe l'idillio. Al piano superiore si sentono dei passi pesanti e veloci. D'un tratto due figure incappucciate irrompono nella camera da letto, mentre un terzo punta un fucile addosso al cantautore genovese. I malviventi si erano appostati nei cespugli della tenuta da tre giorni e avevano osservato i due innamorati col binocolo, guardando i loro movimenti e la loro routine. Avevano capito che quello era il momento propizio per intervenire. Fabrizio e Dori vengono legati e il loro volto coperto. In seguito vengono fatti salire sulla Citroen Dyane 6 targata Milano di Fabrizio e da quel momento inizia un lungo peregrinare.

Il sequestro, il riscatto e le sentenze del tribunale

Il viaggio in macchina, sapremo più avanti, porta i futuri coniugi verso Alà dei Sardi e poi nelle montagne di Pattada. Il rifugio dove i rapiti vengono adagiati è all'addiaccio, i due trascorrono una settimana dormendo all'aperto, con le stelle a fare da tetto. A quel punto entra in scena un quarto individuo che, a differenza degli altri, parla italiano forbito e non ha l'accento sardo. A De Andrè e alla Ghezzi dopo sette giorni viene cambiata nuovamente la posizione, sempre incastonata nelle montagne, anche se stavolta guadagnano una tenda e al posto delle bende vengono incatenati. I rapitori, infine, decidono di portare la coppia in un terzo luogo, ancora più impenetrabile. Qui, anche loro, si muniscono di una tenda e arriva un fornello da campeggio per avere dei pasti caldi. Finora De André e la Ghezzi erano andati avanti a pane e formaggio, e qualche volta un po' di salsiccia.

Intanto trapela la notizia che al padre di Fabrizio è stato chiesto un riscatto di due miliardi. Le indagini si fanno fitte ed entrano in scena figure determinanti, come il parroco Don Salvatore Vico di Tempio, che riesce a mettersi in contatto con i sequestratori facendo un ponte tra le due parti. Dopo varie trattative, alle 23 del 20 dicembre del 1979 Dori Ghezzi viene rilasciata, seguita 24 ore dopo da Fabrizio De André. Il riscatto viene pattuito in 650 milioni di lire subito e altri 50 dopo il rilascio degli ostaggi. Quest'ultima quota non verrà mai consegnata nelle mani dei banditi dell'Anonomia Sarda, poiché finiranno nelle tasche di una terza figura che si era interessata alla vicenda, un tale Costa commerciante di Tempio.

La banda risultò essere composta da sei orunesi, un toscano e tre pattadesi. Ai dieci imputati accusati di sequestro di persona se ne aggiunsero altri due accusati uno di riciclaggio ed uno di truffa. Fabrizio e Dori si costituirono parte civile contro i mandanti: Graziano Pietro Porcu, Pietro Ghera, Salvatore Marras, Pietro Delogu e Marco Cesari, perdonando invece i carcerieri e la manovalanza. De André dichiarò in una fase del processo: "Capiamo i banditi e le ragioni per cui agiscono in quel modo, sebbene il reato di sequestro di persona sia tra i delitti più odiosi che si possano commettere”. Le sentenze saranno pesanti, anche se De André e la moglie firmeranno la domanda di grazia presso il Presidente della Repubblica per salvare coloro che li hanno tenuti fisicamente in ostaggio.

La stagione dei sequestri

La Sardegna dal 1969 al 1998 diventerà la terra dei sequestri di persona, con ben 177 denunce di questo tipo. Non saranno tutti poetici come avrà modo di raccontare anche De André con le sue canzoni, specialmente in Hotel Supramonte nel quale decanterà le lodi di un popolo - all'epoca - ritenuto periferico e marginale. Purtroppo l'Anonima Sarda si sporcherà le mani con omicidi, rapine ed estorsioni. Era un sistema radicato e composto, non solo, da basisti ma anche da manovalanza, intermediari e complici. In breve tempo il crimine sardo passò dal furto di gregge a quello di persone, coniando persino il detto: "Gli uomini, al contrario delle pecore, non belano”. I vantaggi, purtroppo erano superiori. I riscatti servivano per migliorare le proprie condizioni di vita e spesso con quei soldi sporchi si acquistavano bar, case e ovili.

De André, forse, fu la vittima più illustre anche se lui non serbò mai rancore per gli uomini che lo tennero quasi quattro mesi sotto sequestro: "i banditi mi ripetevano spesso che i soldi del riscatto servivano loro per mandare a scuola i figli. Dicevano anche che volevano darci una lezione di vita, perché noi siamo dei privilegiati”. Una pagina amara che, adesso, giace ancorata a un periodo storico che non esiste più.

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