
Caro Direttore Feltri,
ogni anno, il giorno della festa della donna veniamo celebrate in qualità di vittime e trovo, da donna, che questo sia falso e pure un po' umiliante. La retorica femminista sul patriarcato, sulla violenza presentata come qualcosa di cui è sempre colpevole lui e sempre
martire lei, sulle desinenze al femminile, sulla battaglia contro l'Iva sugli assorbenti e per la libertà di non depilarsi, ha un pochino stancato le signore come me, quelle che non si sentono vittime di nessuno e che vogliono essere considerate responsabili delle loro azioni, rifiutandosi di puntare il dito sempre contro qualcuno, ovviamente un lui.
Lei cosa ne pensa?
Daniela Pastorino
Cara Daniela,
anche io come te penso che sia anacronistico festeggiare questa giornata adoperando ancora la narrazione, sorpassata e quindi non corrispondente alla realtà, relativa ad una collettività femminile costretta a subire non soltanto violenze di vario tipo, soprusi, limitazioni della libertà, ma anche un trattamento disparitario rispetto al genere maschile.
Le donne oggi si sono affermate in ogni ambito professionale, non soltanto in casa, dove, a mio avviso, hanno sempre comandato. Non conosco una sola famiglia dove a portare i pantaloni, come si usa dire, non sia lei. La maggioranza dei laureati è di sesso femminile, le ragazze eccellono nello studio, nello sport, nelle arti, le signore rivestono ruoli apicali in diversi settori produttivi e pure in politica, ricordo che il nostro premier è donna, come donna è il presidente della Commissione europea, le donne hanno superato in numero gli uomini in
magistratura, nella medicina, nella ricerca. Non vi è ambito un tempo considerato di appannaggio esclusivo maschile in cui la presenza femminile non sia dominante e tangibile. Pure nel giornalismo questo avviene e le signore si distinguono per capacità comunicative, espressive, organizzative e di comando. Sono rapide ed efficaci, puntuali e affidabili.
E tu hai ragione, donne così, forti, vincenti, indipendenti sotto ogni profilo, che si rapportano agli uomini su un piano di assoluta parità, sono stanche di essere definite «vittime», poiché ciò risulta loro mortificante e castrante. Comodo è indossare le vesti della «vittima» per quelle che intendono affrontare la vita in modo passivo, cercando sempre un alibi, un colpevole, un motivo con il quale giustificare il proprio insuccesso. Hai mai sentito Giorgia Meloni dirsi «vittima»? No, perché, se avesse assunto tale atteggiamento non sarebbe mai giunta dove è arrivata con le sue proprie gambe, da sola. Non ha piagnucolato,
non ha lamentato discriminazioni, non ha invocato quote rosa. Credo che il femminismo odierno debba recuperare un elemento che quello di una volta conteneva e che aveva addirittura elevato a valore fondamentale: la dignità. Le donne devono essere trattate e devono volere essere trattate alla stregua degli uomini e questo implica pure che non vi siano nemmeno privilegi, attenuanti quando sbagliano, trattamenti di favore in virtù di una sorta di «inferiorità» che viene da loro stesse costantemente rivendicata.
Se si è alla pari, non si può essere inferiori.Forse questa festa andrebbe persino abolita. E non perché le donne non valgano, ma solo perché valgono proprio come gli uomini, ossia in quanto persone, non in funzione del loro sesso.
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