
Detta in modo facile: i femminicidi «stranieri» interessano meno. Detta in modo difficile: c'è il rischio che la lotta contro i femminicidi ceda alla logica del cosiddetto femminismo intersezionale, ossia che si soppesino diversamente i maschi italiani che opprimano una connazionale (massima allerta) rispetto agli immigrati di cultura non occidentale che opprimano delle conterranee o delle familiari. In altre parole ancora: c'è il rischio che l'opinione pubblica (e la magistratura di conseguenza) sia distratta rispetto a ciò che il ministro Carlo Nordio ha detto banalmente qualche giorno fa, sollevando un inspiegabile putiferio: ossia che, in Italia, una parte dei femminicidi è compiuta da stranieri per via di culture che considerano la donna inferiore di per sé.
Per rimanere alle ultime settimane, lo dimostrano tre esempi. Uno è quello che abbiamo appena detto: la reazione alle parole di Carlo Nordio, che è stata irrazionale e ha fatto parlare di «razzismo strisciante», «manifesto della razza» e «ignoranza» sul tema, come se non ci fosse una consapevolezza o una pubblica memoria dei tanti casi che hanno riguardato famiglie neo italiane in cui la tentazione di vivere «all'occidentale» ha comportato delle tragedie. È di una settimana fa il caso di Balwinder Singh, consigliere comunale bresciano di religione Sikh, la magistratura gli ha imposto il divieto di avvicinamento alle figlie (una maggiorenne e l'altra ancora minorenne) dopo botte, minacce e punizioni finalizzate a impedir loro di vivere all'occidentale, cioè normalmente: non potevano avere relazioni con italiani. Per la stessa inchiesta era già scattato l'arresto del figlio maschio di famiglia, sobillato dal padre e accusato di violenza sessuale sempre ai danni delle sorelle: la più grande delle quali ora convive con un ragazzo ed è stata la prima ad andarsene, la più piccola invece è in una struttura protetta dopo aver raccontato la sua situazione a un'insegnante. Ma il tempestivo rifugio in una comunità proietta è quanto per esempio non riuscì al secondo esempio che riproponiamo, tornato alla ribalta in questi giorni: quello di Saman Abbas, uccisa tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021 a Novellara (Reggio Emilia) per via di uno stile di vita troppo occidentale e del suo rifiuto di un matrimonio combinato. La procura generale d'Appello di Bologna, l'altro giorno, ha confermato e rincarato le sue richieste di ergastolo per i familiari, e, nel farlo, ha precisato che il 3 maggio 2021 la povera Saman sarebbe dovuta essere destinata a una comunità, e che, se ciò fosse avvenuto per tempo, si sarebbe salvata. Nel primo caso si è riusciti, nel secondo no. In sintesi: laddove l'allarme sociale e la tempestività sono essenziali per salvare possibili vittime, ecco dunque due esempi (solo nell'ultima settimana) che sono stati snobbati da un'attenzione mediatica verso i femminicidi che si è fatta selettiva, e che sembra distinguere sulla base di graduatorie.
Una minor attenzione, nel concreto, è rivolta a vittime non italiane (picchiate, stuprate, uccise, in lotta per i propri diritti) che siano stata oppresse da un connazionali culturalmente affini oppure no. Sono casi di patriarcato vero e consolidato che fanno mediaticamente meno breccia rispetto ad altri inventati e storicamente improponibili, ma attribuiti a italiani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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