Forti quanto un farmaco. Le parole del medico possono fare la differenza per un malato oncologico, perfino sull'efficacia delle terapie. Non quando illudono, non quando levano la speranza, ma quando fanno sentire parte di una lotta comune, quando trasmettono cuore e voglia di provarci. Curano l'ansia e la depressione post diagnosi.
Ma in Italia la maggioranza degli operatori sanitari non ha ricevuto formazione specifica per affinare le competenze che consentono cure più umanizzate. Su una scala da 0 a 10, la formazione dei medici sulla comunicazione clinica e sulla relazione di aiuto arriva a un punteggio di 2,75, con ricadute negative maggiori su patologie complesse come il cancro. Per colmare questa lacuna, Cipomo, il collegio dei primari oncologi ospedalieri, ha realizzato la scuola «di umanizzazione delle cure». Prima lezione, a inizio marzo a Piacenza.
«In questa fase di grande sviluppo scientifico e tecnologico, c'è un'enorme domanda di guarigione attorno a noi, che spesso si sviluppa lontanissima dalla tradizione cristiana spiega monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita durante la presentazione del progetto . Molte persone vanno alla ricerca di pratiche magiche, occulte, miracolistiche. La domanda di guarigione, anche se spesso è mal posta, non è altro che una grande domanda d'amore. E dobbiamo rispondere».
«La nostra scuola punta a favorire quell'insieme di competenze comunicative relazionali e umane necessarie nella professione dell'oncologo spiega Luisa Fioretto, presidente Cipomo, direttore del Dipartimento oncologico dell'azienda sanitaria Toscana Centro -. Sono competenze che restano spesso al di fuori dei normali percorsi formativi universitari e post-universitari. In un'ottica di formazione continua la Scuola potrà rappresentare uno spazio di crescita per tutti gli oncologi interessati a percorsi specialistici post-universitari nell'ambito della comunicazione e delle medical humanities».
Il tema dell'umanizzazione del servizio al malato è stato inserito per la prima volta nel Patto per la Salute 2014-2016 dal Ministero della Salute e da Agenas. Nel documento l'umanizzazione viene definita come impegno a rendere i luoghi di assistenza e i programmi di diagnosi e terapia orientati quanto più possibile alla persona considerata nella sua interezza fisica, sociale e psicologica.
La capacità di umanizzazione delle cure non dipende dalla sensibilità del singolo medico, ma è un'abilità che può e deve essere appresa. «Non basta un'istintiva capacità di accudire, né una generale empatia. Serve saper allenare queste competenze».
Il primo corso è composto da 3 moduli, per un totale di 37 ore di formazione. «Nonostante i progressi sia in campo di diagnosi che di terapia antitumorale, che permettono di guarire percentuali sempre più elevate di pazienti, vorrei ricordare ciò che scrive Dan Longo, vicedirettore del New England Journal of Medicine aggiunge Luigi Cavanna, socio fondatore della scuola Cipomo : I pazienti vivono la diagnosi di cancro come uno degli eventi più traumatici e sconvolgenti che abbiano mai affrontato.
A prescindere dalla prognosi, la diagnosi comporta un cambiamento dell'immagine di sé e del proprio ruolo sia nella famiglia, sia nel lavoro'.
Per questo è fondamentale trasmettere al malato che non sarà solo ad affrontare la malattia, ma avrà accanto medici ed infermieri, non solo con competenze tecniche ma anche con umana comprensione, vicinanza e gentilezza».
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