Tra sperimentazione e femminismo: perché Chantal Akerman è nella storia

Autrice dello straordinario “Jeanne Dielman, 23 quai du Commerce, 1080 Bruxelles”, la belga Chantal Akerman rientra nell’elenco delle più importanti e influenti registe europee del secondo dopoguerra

Tra sperimentazione e femminismo: perché Chantal Akerman è nella storia

Poche registe donne hanno tracciato un solco nella storia del cinema come Chantal Akerman. Una scossa, una crepa nel muro, una sfida al canone: la cineasta belga si è fatta apprezzare per il suo stile radicale, senza compromessi. Innovatrice dal punto di vista formale e pioniera del cinema femminista moderno, ha diretto più di quaranta film tra fiction, documentari e opere sperimentali, senza dimenticare video e installazioni artistiche. Chantal Akerman ha lavorato a lungo negli Stati Uniti, ma anche in Europa, Messico e Cina, senza porsi limiti. Sfuggire alle etichette il mantra della sua identità artistica. Influenzata dal New American cinema – da Michael Snow a Jonas Mekas, l’elenco è lungo – la regista di Bruxelles è riuscita a inventare un linguaggio sperimentale unico, a cavallo tra cinema e video arte. Dopo aver influenzato colleghi come Gus van Sant, Todd Haynes e Michael Haneke, ancora oggi rappresenta un punto di riferimento per tanti giovani.

Galeotto fu Godard

Chantal Akerman nasce il 6 giugno del 1950 a Bruxelles, figlia di piccoli commercianti ebrei di origine polacca ‒ la madre Natalia fu internata ad Auschwitz. Poco interessata al cinema durante l’infanzia, all’età di quindici anni viene folgorata dalla visione di Pierrot le fou(noto in Italia con il titolo de “Il bandito delle 11”) di Jean-Luc Godard. Il film con Jean-Paul Belmondo e Anna Karina la strega, tanto da spingerla a iscriversi all'Insas (Institut National Supérieur des Arts du Spectacle) di Bruxelles alla fine del 1967. L’esperienza dura appena tre mesi, ma non abbandona l’idea di dedicarsi alla settima arte.

I primi film

Nel 1968, ad appena diciotto anni, Chantal Akerman realizza il suo primo cortometraggio, Saute ma ville, presentato in anteprima all'International Short Film Festival Oberhausen. L’opera le consente di ottenere il supporto del regista belga Andrè Delvaux e tre anni più tardi realizza il suo secondo corto L'enfant aimé ou je joue à être une femme mariée. Sempre nel 1971 lascia la sua Bruxelles e vola a New York, dove entra in contatto con un mondo nuovo: il New American Cinema lascerà un segno indelebile sul suo stile.

Chantal Akerman realizza il suo primo mediometraggio nel 1972, il documentario Hotel Monterey: riprese lunghe, inquadrature fisse e uno straordinario lavoro sulle immagini. Caratteristiche che diventeranno marchi di fabbrica del suo stile. Successivamente lascia gli Stati Uniti e fa ritorno a Parigi, dove firma l’esordio in un lungometraggio: Je, tu, il, elle, un’opera radicale, coraggiosa, senza compromessi. Tra solitudine ed erotismo, emerge l’impatto dello sperimentalismo a stelle e strisce.

Il capolavoro

A venticinque anni Chantal Akerman firma il suo capolavoro, il film che diventerà un cult tale da essere nominato "il più grande film di tutti i tempi" da Sight and Sound, la rivista della British Film Institute (Bfi): "Jeanne Dielman, 23, quai du Commerce, 1080 Bruxelles". Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del 28º Festival di Cannes, il film sfida lo status quo raccontando minuziosamente la vita quotidiana e apparentemente banale di una vedova di mezza età. Strutturato in blocchi di piani sequenza, il film dura tre ore e quarantacinque minuti ed è dominato da lentezza e austerità, da rigore e minimalismo.

Nel pieno degli anni Settanta, Chantal Akerman mette la firma su un’opera estremamente innovativa che non fa concessioni alle convenzioni tradizionali. Il racconto è straniante, tempo filmico e tempo narrativo si incrociano tanto da coincidere, e snocciola questioni e interrogativi contemporanei: dal lavoro domestico alla prostituzione, passando per il peso della maternità e la solitudine della vita domestica, fino all’emarginazione femminile e la violenza. "Jeanne Dielman, 23, quai du Commerce, 1080 Bruxelles" è “una di quelle esperienze che ti cambiano il modo di pensare, di vedere, di immaginare il cinema”, affermerà Todd Haynes.

Chantal Akerman dopo la consacrazione

Ottenuta la consacrazione internazionale, nel 1976 Chantal Akerman torna negli Stati Uniti e realizza News from homeeLes rendez-vous d’Anna, quest’ultimo con Aurore Clément alter ego della stessa Akerman. Nel 1982 firma Toute une nuit, per poi dedicarsi a musical e commedia con Gli anni 80 (1983) eGolden Eighties (1986), in cui mostra materiali, tempi, posture e corpi degli attori al lavoro. I suoi film forniscono un contributo essenziale al movimento femminista, promuovendo il corpo, il desiderio e un nuovo codice.

Chantal Akerman continua a sperimentare e nel 1988 realizza "Histoires d'Amérique", una sorta di esercizio di teatralizzazione dedicato all’identità ebraica. E ancora: conNuit et jour mescola musical e racconto morale, mentre con Con D’Est lavora su un’operazione multimediale. Nel 1995 l’unico flirt con il mainstream: la commedia romanticaUn divano a New Yorkcon protagonisti Juliette Binoche e William Hurt.

Gli anni 2000

In chiusura di secolo, Chantal Akerman si è divisa tra cinema, televisione e teatro, confermando la sua natura ibrida. Nel 2000 gira La Captive, liberamente ispirato all'Albertine proustiana di La prisonnière. Tra i lavori più riusciti degli anni Duemila impossibile non citare Là-bas, documentario su Israele che accende i riflettori su tematiche come l’ebraismo, la solitudine e il tempo. L’epicentro del suo cinema, in altre parole. Chantal Akerman nel 2008 realizza Women from Antwerp in November, mentre l’anno seguente La folie Almayer. Nel 2015 è invece il turno dell’installazione “Now” e della sua ultima gemma, il sontuoso documentario “No home movie”.

L'ultima gemma

Presentato in anteprima mondiale al Festival del Film Locarno, No home movie rappresenta l’ideale testamento di Chantal Akerman. Il documentario è una sorta di video-saggio sulla madre Natalia, figura chiave in molti dei suoi film.

Origine e canovaccio è il libro “Mia madre ride”, ma la regista belga riesce a dare forma a una vera e propria autobiografia attraverso le immagini. “No home movie” sarà il suo ultimo lavoro. La morte della madre aggrava i problemi maniaco-depressivi di Chantal Akerman, che il 5 ottobre 2015 si toglie la vita a Parigi.

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